Cèe ILi&carg (Knfmwfip of Bmtb Carolina
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LE RISOLUZIONI
DEL
TEATRO MUSICALE
ITALIANO
DALLA SUA ORIGINE FINO AL PRESENTE
OPERA DI STEFANO ARTEAGA
MADRIDENSE Tomo Primo»
11 faut fé rendre a ce Palai* magique 9
Ou les beaux vers , la danfe , la mujique y
V art de trcmper les yeux par les couleurs ,
V art plus heureux de feduire les caurs 9 Ve cent plaijirs font un plaìfir unìque •
*?*
BOLOGNA MDCCLXXXIII.
Per la Stamperìa di Carlo Trenti all' Infegna
di Sant9 Antonio •
Ce» lmn%& de* Super hrì»
Library, Univ. of Nerth Carolina jjj
A SUA ECCELLEKZ A IL SIGNOR
D. GIUSEPPE NICCOLO Jpf AZARA
Cavaliere del Reale, e diftinto Ordine di Carlo
Terzo, Configgere di Sua Maeftà Cattolica
nel Configlio di Azienda, e Aio Agente
e Procurator Generale nella Corte
di Roma ec»
STE FANO ARTEAGA*
E in un leccio come il noftro , fé ad un Uomo , quale Voi liete, io non prelento una di quelle Opere importanti > che
* 2 in-
IV
infliìifcono direttamente fui be- ne delle Nazioni ; io vi prego , o Signore, ad attribuirlo meno al non aver fentito gì' impulfì che al deftino, che mi vieta di fecondarli . Il privilegio di affer- rare certa claffe d'oggetti, fìc- come non è concelfo a tutti gl'ingegni, così non è proprio di tutte le circoftanze . La na- tura , che non ha voluto anno- verarmi tra quelli , è andata per- fettamente d'accordo colla for- tuna , che mi frappone V in- ciampo di quefte.
Ma a chi non può inalza- re
re da pianta un novello edilì- zio rimane pur anco il non ifteril compenfb d' orTervare , ed illeggiadrire i già fabbricati . Il Guilo , che percepifce , confron- ta, ed analizza i rapporti: la Critica , che ci rende fenfibili alle bellezze e ai difetti , e che indicando gli errori altrui ci premunifce contro alle inavver- tenze proprie, fono non men necelTarj ai progrelli dell' uma- no ipirito di quello, che lo fiano gli slanci del Genio tèm- pre coraggiofo , ma talvolta po- co avveduto . Il primo è come * 3 il
VI
il microfcopio applicato a gli occhi della ragione . La fecon- da è quel freno fallitale, fenza cui gF impeti più felici non fo- no per lo più che altrettanti indizj di non lontana caduta»
Incoraggito da tai rifleffi ofo offrirvi, o Signore, infiem colla ftoria del più brillante fpettacolo di Europa alcune mie o nervazioni fulla maniera di perfezionar le varie e mol- teplici parti , che lo compon- gono . Avrei voluto , e V avrei certamente voluto con quel ze- lo, che r amor nazionale ifp'h
ra,
VII
ra , e gìuftifica , confècrar alla noftra comune dilettifTima Pa- tria le mie fatiche: allora io vi farei venuto avanti con un do- no più degno di Voi, e la mia patriotica riconofcenza non ientirebbe ad ogni momento F involontario rimorfo di me- nar fulla terra una vita inutile afratto per la fua gloria. Ma dopo qualche lavoro intraprefb ad ottener un tal fine, mi ri- trovai per mancanza degli op- portuni letterari fufiìdj, come il Dedalo della favola allorché adagiava le piume fugli omeri * 4 del
Vili
del figlio Bis conatus eram . . « Bis patrice cecidere manus .
Degnate non per tanto o- norare dell' autorevol voflro fuffragio codefto tenue fàggio del mio zelo per gli ftudj, Voi, che fletè folito d'accogliere con tanta benignità tutto ciò, che fpetta Favvanzamento delle Ar- ti , e delle Lettere : Voi , che in una Città Maeftra della Religio- ne e della Politica foftenete con tanto decoro i diritti d' un Monarca cognito all' Univerfo non meno per la fu a pietà nel- la prima che per la fua pru-
den-
IX
denza nella feconda: Voi, che collocato in carica sì luminofa r?àfsimo efempio avete dato z voftri Pari di fenfibilità fpar- gendo lagrime, e fiori fulla tomba d' un amico illuftre ; Voi finalmente , che nelle voftre fenfate, profonde, e per ogni verfo filolofiche rifleffioni in- torno alle Opere di Mengs a- vete fatto vedere, che il talen- to di regolare gli affari non è incompatibile con quello di co- nofcere le più intime forgenti del Bello, e che il più gran Genio del, noftro fecolo nella
pit-
Pittura era ben degno d'avere per illuftratore de' fuoi penfìe- ri, e confidente uno degli Spi- riti più elevati della Spagna nella penetrazione , e fàgacità dell' ingegno come nella fqui- fitezza del gufìo.
XI
»«a— a— amasi
N
x On per quejlo perchè a noi manca quella [quie- tezza y e quella vivezza d' ingegno , la quale ebbe- ro Tucidide, e gli altri Scrittori in/igni , faremo e- gualmente privi della facoltà che ejfi ebbero nel giu- dicare . Imperocché è pur lecito il dar giudizio di quelle profejjtoni , in cui furono eccellenti Apelle , Zevfi, e Protogene anche a coloro , / .quali ad ejfi non poffono in verun patto agguagliar/! ; ni fu inter- detto agli altri artefici il dire il parer loro [opra le opere di Fidia , di Policleto , e di Mirone tuttoché ad €$ di gran lunga foffero addietro . Tralafcio che fpeffo avviene , che un uomo idiota , avendoli a giù* dicare dì cofe fottopojle al fenfo , noni inferiore a* pe~ riti •
Dionigi Alicarnalfeo nel Giudizio fopra
Tucidide .
XII
TAVOLA
Dei Capitoli contenuti nel primo Volume .
DISCORSO PRELIMINARE-
CAPITOLO PRIMO.
Saggio analitico falla natura del Dramma mu* ficaie . Differente 7 che lo dfiinguono dagli altri componimenti drammatici . Leggi fue coflitutive derivanti dalla unione Della poe* fia 5 mvjìca , e prospettiva . Pag. 2g.
CAPITOLO SECONDO.
Ricerche fulV attitudine 'della lingua italiana per la mufica didotte dalla fua formazione r e dal fuo meccanifmo . Cavfe politiche, che hanno contribuito a renderla tale. p. 75,
CAPITOLO TERZO.
Perdita della mufica antica . Origine della mufica facra in Italia . Pretefe fcoperte di Guido Aretino , e di Giovanni Murs | Rappr e fent anioni de* fecali barbari. Tarateli* lo fra effe, e quelle dei Greci. Progrefjì e cangiamenti del contrappunto . p. 107;
CA«
XIII
CAPITOLO CLUART0<
Origine della mufica 'profana . Stranieri venuti in Italia ad illujlrarla. Suo primo accoppia* mento colla poefia volgare. Intermedi mu« ficali . Ahho%$i del Melodramma . p« I3p.
CAPITOLO QUINTO.
Difetti della mufica Italiana verfo il fine del cinquecento 5 e me%gi prefi per migliorarla . Stato della poefia volgare. Firenze inventrice del Melodramma. Prima Opera feria , e fuo giudizio , Cornparfe , Arie > Cori . Prima O- pera buffa , e fuo carattere. p. 172*
CAPITOLO SESTO.
Wfleffimi fui maravigliofo . Origine /lorica e propagazione di ejffo in^Europa . Caufe del fuo accoppiamento colla mufija , e la poefia nel Melodramma, p. 207.
CAPITOLO SETTIMO.
Rapida propagazione del Melodramma dentro e fuori £ Italia . Anioni muficali in Francia y Inghilterra 5 Germania , Spagna , e la Ruf fia* f« 230.
CAPI-
XIV
CAPITOLO OTTAVO,
Stato delle prcfpettiva e della poejia mujìcale
fino alla metà del fecolo fcorfo . Mediocrità
della mufica. Introduzione degli Eunuchi ,
e delle Donne in Teatro » Origine del Ballo
pantomimico . p. 247»
CAPITOLO NONO.
5ecoI 3* oro ielZ^i rnvfica Italiana * Frogreffi,
della Melodia * Valenti Compcfitori italiani « Scuole celebri di Canto 5 e Si Suono col ivi» [ rio loro carattere. p. 275*
CAPITOLO DECIMO. Miglioramento della poejia lirico -drammatica} Quìnaut in Francia Precurfore nella Rifor- ma » Celebri poeti fino a Metajìafio* Avan- zamenti della Profpettiva * pé 3l3m
CAPITOLO UNDECIMO.
Epoca di Metajlafio* Vantaggi recati da luì alla poejia e lingua Italiana * Efame dm fuoi pregi . R;fieJjloni fiala fua maniera dì trattar V Amore . Suoi difetti . 5' <*frfci# egJi con (otto il Melodramma al maggior grado di ■pei fedone pojfibilé. p, 333t!
Vidit D* Philippus Maria Tojelli Clerìcus Re* gularis £. Vanii , £? in Ecclefìa Metropolita* na Bononia Poenitentiarius prò E<ninenti]Jì~ mo ac Revereniijjìno Donino D. Andrea, Joannetto Ordinis S. BeneìiSli Congregationis Camalòulenfis j Tit. S. Pulentiana S. R. E* Cardinali^ Archiepiscopo Bononia ^ CP S. R. L Principe .
Die 5. Novembris 1782.
IMPRIMATUR.
r. Aloyfius Maria Ceruti Vicaria* Generalh S« O* Bonon*
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DISCORSO PRELIMINARE*
IL Teatro confideràto come un pub- blico fpettacolo introdotto, o permeilo dalle leggi in una nazione può confide- rai iti tanti afpetti differenti quante fono le claffi degli fpettatori, che vi concorro- no . Diverfamente il confederano 1' uomo di mondo, il politico, V erudito, V uomo ài gufto, e il filofofo. Percorriamo bre- vemente quefte cinque claffi .
Quegli fchiavi infenfati del pregiudi- zio, que' corpi fenz1 anima, quelle creature indifinibili j che fi chiamano gente di mondo, le maffime delle quali confiftono nel di- ftrugger i fentimenti della natura per inal- zar fulle loro rovine l'idolo dell'opinione, A nel
z
nel ridurre ogni affezione dei cuore alia fola voluttà , ogni morale al perfonale in* tereffe , nel far che un' apparente politezza tenga luogo di tutte le virtù , e nel co- lorir con brillanti fofifmi l'orrore del vizio Bon altrimenti , che foglionfi coprire eoa viftofa vernice i putridi legni dalla vec- chiezza o dal tarlo corrofi* fanno del Tea- tro queir ufo appunto, che fogliono fare delle altre cofe. Come la regola loro di penfare e di vivere non è il fentimento ma l'ufo, cosi non vanno al Teatro a fine di rifentire il piacevole incanto dell'arte dram- matica , ma perchè ci vanno gli altri fol- tanto . Adocchiare per etler adocchiati , ag- girar fi da feioperati da palchetto in pal- chetto , feoprir nelle regioni della galan- terìa paefi non per anco tentati, fp;ar in aria di fomma importanza i ftgreti movi- menti d* Irene o di Nice vedo Celad«me o Silvandro, riempiere l'intervallo di quel- le ore lunghiflìaie con ifquifita e deliziofa mormorazione, oppure col giuoco (quella occupazione infipida ritrovata dall' ozio, e
dall'
dall'avarizia per confolar tante anime vuo- te, che non fanno che farfi della propria, efiftenza) ecco il fine, al quale rivolgono effi la grand' arte di Sofocle e di Menan- dro • Uditori altrettanto incomodi per l' indiferetezza loro quanto giudei infelici pel niun difeernimento recherebbono danno anzi che vantaggio alla perfezione del gu- fto, fé le fpefe inevitabili al mantenimento d' un Teatro non rendefle necefiaria la fre- quenza loro, come la neceffirà di far nu- mero in un' armata coftrigne fovente i gè* nerali ad ammetterne infiniti poltroni.
Il politico, oflervando unicamente gli oggetti per la relazione , che hanno colla civile economìa, e coi fini dello flato, lo riguarda come un luogo atto a far circolar il dana- ro dei privati, e a render più brillante il foggiorno d' una capitale: come un nuovo ramo di commercio, ove fi dà pù voga alle arti di luflo pclla gara, che accendefi fcambievolmente,di primeggiare negli abbi- gliamenti , e pel maggior concorfo de' fora- ftieri chiamati dalla bellezza dello fpettaco- A i lo :
4 Io: come un ricovero all' inquieta eflfer- vefeenza di tanti oziofi , i quali in altra guifa diftratti potrebbono alla focietà dive- nire nocivi, impiegando contro di eflfa non meno i proprj divertimenti , che le proprie occupazioni ; come un mezzo termine in fine opportuno a dileguar i bisbigli de' malcontenti , o a impedire le rsgunanze fempre di torbidezza feconde e di pericolo. Più profondo infieme e più maligno nelle fue mire egli lo prenderà come un diver- fivo offerto tal volta al popolo fpenfierato per nafeonder agli occhi fuoi V afpetto di quelle catene , che la politica va lavorando in filenzio, per infiorare gli orli del preci- pizio, dove lentamente lo guida il de^po- tifmo , e per mantenerlo più agevolmente in quella pìcciolezza e diflipazione di fpiri- to ) che tanto comodi riefee a chi vuol foggiogare. Così la Sibilla di Virgilio, vo- lendo inoltrar/! nelle vietate regioni d' A- verno , prefe il partito d'addormentare col preparato boccone quei moilro , che le ne impediva V iogreffo-
Gli
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Gli Eruditi, che hanno tutta l'anima
ripofta nella fola reminifeenza, che valutano le ragioni fecondo il numero delle citazio- ni, e il merito degli autori fecondo i fe- coli della loro nafeita, giudicano a un dip- preflb dell'arte drammatica come il famo- fo cieco di Chefelden giudicava delle rofe, delle quali per quanto s' ingegnafiero i cir- coftanti a fargli capire la foavità e fref- chezza di colorito, altro egli non potè fen- tire giammai, che le fpine. Il loro ftudio confitte nel verificar appuntino le date , nel fapere il numero e i titoli delle pro- duzioni d'un autore, per quanti meli ei le ritenne chiufe nello fcrigno , quanti ma- noferitti fene faceflero, in qual anno, e da quale ftampatore vedefsero la pubblica lu- ce, quante edizioni fiano fiate fatte fin' o- ra . Ciò che più converrebbe guftare , vale a dire, la dilicatezza, il fentimento, V im- maginazione , la pittura forte de' caratteri , il linguaggio fine delle paflìoni , tutto è per loro come fé non eiìftefle. Se per di- favventura delle lettere s'affibbiano effi la A 3 gior-
giornèa d'Ariftarco per giudicare, V impe~ gno loro fi riduce ad accozzar con fredif- fima logica una ferie di precetti comunali tratti dall' efempio e dall'autorità degli an- tichi mal intefì, e peggio guftati da loro per mifurar pofeia fu quelli come fui luto di Procufte i più celebri ingegni. Non re^ fteranno poco né molto commoffi dal ter- ribile e magnifico quadro della morte di Didone, ma ti faranno bensì una lunga dicerìa full' anacronifmo del poeta, che fece viver ai medefimi tempi Enea e la regina di Cartago. Se leggono Omero, lafciando da banda le inefprimibili fue bellezze , fi fermeranno a cercar neir Odiflea la geogra- fia antica, e nella IHiade V armatura dei greci, o la figura delle loro fibbie, feppur le avevano. Se ragionafi di teatro, ante- porranno ruiiife del Lazzarini all' Olimpia- de del Metaftafio, e tei proveranno eoa un tefto della poetica d' Ariftotilc com- mentata dall' Einfio , riguarderanno con difprczzo il Tartuffo e il Mifantropo , que" due capi d'opera fovrani nel genere comi-'
CÒ9
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co, e vorranno p'ù tofto feguir V ckmpio ài Giulio Cefare Scaligero , il quale ih una fua commedia intitolata la valigia introduf- fé a dialogizzar infieme un coro d'agli e di cipolle per imitar Ariftofane, che ave- va parimenti fatto parlare fui teatro d'A- tene le rane, le verpe, e le nugole.
Dotato di cuor fenfibile, e d% immagi- nazione vivace, ofservator fedele della na- tura, e degli uomini, ammaeftrato ai fon-* ti di Boèleau , di Longino , e d' Ora2>of verCato mila lettura de' primi modelli anti- chi e moderni l'uomo di gufto è il folo, che prenda lo fpettacolo per fé fteflo e i on per gli accefforj . Ei folo, penetrando più ! addentro nello fpirito delle redole, fa fino a qua! punto debbano effe incatenar il ge- nio, e quando quefto poffa legittimamente fpezzarne i legami : fa ftabilir i confini tra l'autorità e la ragione , tra l'arbitrario e r intrinreco: fa perdonar i diffetti in grazia delle virtù, e rnifurar il pregio delle virtù per l'effetto, che ne producono, ti para- gonando infieme le diverfe bellezze degli À 4 auto-
autori, delle nazioni, e de'fecoli, fi for- ma in mente una immagine del Bello ideale, Ja cjuale poi applicata alle diverfe produzioni ni degli ingegni gli ferve come il filo ad k* rianna per inoltrarli nel fempre ofcuro e difficile labirinto del gufto.- contempla l'og- getto delle belle arti modificato in mille maniere fecondo i climi, le coftumanzè e i governi, come la materia fifica fi combina fotto mille forme diverfe: conofce che tut- ti i gran Genj hanno diritto alla ftima pub* blica, e che un fol genere di bello non dee, e non può donar la efclufiva agli altri . Quin- di imparziale e giufto ne'fuoi giudizj fentefi grandeggiar con Sofocle e Cornelio , s' itt- tenerifce con Euripide, Metaftafio, e Ra- cine , freme con Crebillon e Voltaire , am- mira fenza imitarli Shakespear, Galderon, e Lope de Vega, preferifce Molière a' co- mici di tutti i tempi, bilancia il merito degli autori fubalterni fecondo più o meno s' avvicinano al loro efemplare , e getta dentro a' gorghi di Lete i pedanti ridicoli, i verfificatori Acrili , i languidi copifti , gli
anta-
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autoruzzi in fomma d' um giorno coraen* dati in vano e difefi da protettori igno- ranti, da fogli prezzolati, e da infenfate apologie .
Il filofofo avvezzo a ridur le cofe a* fuoi primi principi, e a confederarle fecon- do la relazione , che hanno colle affezioni primitive dell' uomo,, riguarda la feena ora come un divertimento inventato affine di fparger qualche fiore full'aflfannofo fenderò della umana vita , e di confolarci in parte dei crudeli penfferi, che amareggiano foven* te in ogni condizione la noftra breve e fu- gitiva efiftenza : ora come un ritratto delle paflìoni umane efpofto agli occhi del pub- blico, affinchè ciafeheduno rinvenga dentro del proprio cuore V originale : ora come un fìftema di morale meffa in azione , che ab- bellifce la virtù pe-r renderla più amabile, e che addimanda in impreftito al cuore il fuo linguaggio per far meglio valere i pre- cetti della ragione : ora come uno fpec- chio, che rapprefenta le inclinazioni, e il carattere d' una nazione, lo flato attuale
de*
IO
de* fuoi coftuTiij la maggior o minore at- tiviti del governo, il grado di libertà po- litica, in cui fi trova, le opinioni, e i pre- giudizi, che la fioreggiano.
In quale d\°gli accennati afpetti deggia fifTare lo (guardo chiunque la ftoria d' un teatrale fpettacolo iirprende a narrare può da ogni lettore avveduto dopo qualche ri* fkffione fatta fu couli materia non d facil- mente conofeerfi. Se fofle quiftione di feri-1 vere per lo teatro, e non del teatro, l'uo- mo di gufto tffer dovrebbe 1' unico giudice , Cie fé ne fceglkffe , ficcorne quello , the avendo meglio d'ogni altro Andiate le re* go'e di piacere ad un pubblico illuminato, meglio d'ogni altro faprebbe additare que* mezzi, che a così fatto fine conducono. Le altre mire o non entrano affatto nel Tuo proggetto, o ci entrano folo per ineren- za. Ma la ftoria apre alle ricerche degli ftu- diofi un campo p'ù vafto . Non fclo la co- gnizione richiedefi, e il pofsefso di quelle leggi ricavate dal confenfo comune, e dalla efperieiua, onde l'autore poffa dettare in- torni
II tarne alle cote un beri fond4to giudizio : non fol gli è d'uopo inveftfgare il legame fegreto, che corre, tra il genio della nazio* ne e la natura dello fpettacolo , tra il ge- nere di letteratura, che è il prirc'pal ar- gomento dell'opera, e gli altri che gli un- gono mano, ma ind<fpenfab:le diviene per /lui eziandio l'erudizione, quella erudizione medefima, della quale l'uomo di genio fa così poco conto, e fenza cui niuno ftorico edifizio può alzarfi . Se la fimmetrìa , la vaghezza , e il difegno della fabbrica fono del gufto, fua ne è la raccolta dei mate- riali, e il tragitto. Se la fìlofefia le agg:u- gne g^uftezza, e profondità, l' erudto an- ch' egli concorre con braccia poderofe , e con incefsante fatica : dal che avviene , che fé la gloria di queft' ultimo è meno Jumi- nofa e brillante , non è ptrciò men folida tìè meno fìcura. Ha egli non per tanto a veftire or l'uno or l'alrro tutti i ptrfonag- gi. Non dee folamente cercare Aerili fatti, ma l'ordine e il congegnamelo tra effi; dee ufar di ftile conveniente ai fogge rro,-
ma
/
ma fenza tralafciar le rlfteiìioni opportune, e il colorito talvolta vivace: ora rifpettar modeftamente l' autorità, ora aver a tempo e luogo il coraggio di mifurarla colla bi- lancia della ragione: quando apprezzar le particolarità 5 che fervono ad illuftrar V ar- gomento, quando troncarle allorché diven- gono eziofe : deve avvicinar i fecoli paflati e preferiti per rilevar col confronto i prò- greilì delle arti, dove rifalire fino ai prin- cipi a fine di rintracciar meglio 1* origine deila perfezione loro, o del loro decadimen- to. In una parola, fi ricerca che fia erudi- to, critico , uomo di gufto, e filofofo al jmedefimo tempo . Tal è la grande idea , che io non mi lufiogo d'avere nemmen da lungo tratto adeguata , ma che bramerei pure di poter efcgulre accingendomi a feri- vere le Rivoluzioni del teatro mu ficaie ita- liano •
Una fortunata combinazione, che con dolce compiacenza mi fo un dovere di pa- lefar al pubblico , e che renderà tanto meno fcufabili i falli mici quanto più mezzi ho
avuti
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avuti di fchivarli, mi fece feoprire una miniera di notizie appartenenti alla mufica nella conofeenza ed amicizia del Reverendif- fimo Padre Maeftro Fra Giambactifta Mar- tini de' Minori Conventuali. Quefto dot- tiffimo religiofo , del quale è inutile fer~ marfi a teffer l'elogio, poiché meglio di me lo fa 1 Italia tutra e 1* Europa, fu il pri- miero, che mi confortò alla intraprefa, che rimofle da me ogni dubbiezza, che m'indi- cò le forgenti, che mi forni buon numero di libri rari, e di manoferitti, e che m' a- prì ne'fuoi famigliari difeorfi fonti d'eru- dizione vieppiù copiofi di quelli che ritro- vai!! negli autori • Tutto ciò con un can- dor d'animo, e con una tal gentilezza ine- fprimibile, che avranno meco divifa quanti uomini di lettere hanno la buona forte d'av- vicinarglifi , e che non fuol vederfi troppo comunemente negli avari poffeditori d'eru- dite ricchezze, i quali fomiglianti al Dra- go cuftode degli orti Efperidi , vietano che altri accofti la mano a quegli aurei frutti, ch'effi pur guardano da lontano fenza mai
toc-
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toccarli. Su quefti materiali, e fu altri 5 chi mi procicciai altronde colla diligenza , feortato ovvunque dal giudìzio di perfooc intelligenti n*i var; e molteplici rami, di che mi convien ragionare, giunfi a dìflen- dere la preferite ftoria di quel brillante fpet- tacolo sì caro air Italia, il quale pel com- pleto di tutti i p;aceri dello fpirito, della immaginazione , del cuore , della v<fta , e dell'udito combinati infieme ad agitar l'a- nimo dell' uomo e forprcnderlo , è fenza dubbio il maggiore sforzo delle belle arti cong unte, e il diletto p ù perfezionato, che da effe attender poffa la politica focietà.
Avendo bevuto a tali forgenti , non mi dò il menomo vanto della efattezzà e novità delle notizie , fulle quali è appog- giato quanto qui fi icrive. Leggendo i mol- ti e celebri autori , che mi hanno preceduto ne lo feri ver della letteratura , ho avuto occularmenre cccafione di confermarmi in un fentimento, che avea da lungo tempo adotnto, ed è, che la ftoria non meno let- teraria che politica delle nazioni altro non
fia 5
fot, che un vado mare d'errori, ove a tratto a tratto galleggiano fparfe alla ventura alcune ver ti ifolate. Mio primo peafiero era di ri- levar paflb a paflb le inefattezze di molti , di rettificarne gli abbagli, e di ridurre al fuo intrinfeco valore l'autorità di cert' uni, che opprimono col nome loro i lettori creduli ed infingardi. Ma prefto m'avvidi, che Af- fatto metodo cangerebbe la ftoria in una drfcufll-jne polemica riocrefcevole al pubblio co, il qu.le, pago per lo più di trovarne il vero, p >co fi cura d« rifapere, fé gli altri abbiano fmarrita la via. Mi riferbai non per tanto il farlo in qualche occorrenza, ove mi parve che lo richiedere il bifogno, e m'attenni fui medefimo rifletto dall'affattc!- l,re *d ogni pagina le citazioni sì per noti fraftornar ad ogni tratto l'attenzione del let- tore, come per non ingroflar di troppo il volume. Qualunque fia fiata la mia pre- mura nel rintracciar la venta delle notizie, mio principal aflunto non xè d' offrire una fterile compilazione di reminifeenze, ma di ragionare fu i fatti , di far conofeer le re-
lazio-
Iasioni, che gli legano infìeme, e d'abbrae- ciare gli oggetti analoghi, i quali, entran- do comodamente nel mio argomento, po- tevano fervire a maggiormente illuftrarlo* Così benché il titolo del libro riguardi il folo teatro muficale, il lettore vi troverà, ciò non ottante, la ftoria non affatto fuper- fiziale della mufica italiana, e de'fuoi can- giamenti , come della tragedia ancora , e della commedia con molte rifleflloni fugli altri rami della poefìa , e fu altri punti. Debbo avvertire bensì, che fcrivendo io la fioria dell'arte, e non degli artefici, vana riufeirebbe la fperanza di chiunque vi cer- eale per entro quelle minute indagini in- torno al nome, cognome, patria, nafeita, e morte degli autori, di tutte quante le o- pere, eh' eflì pubblicarono, delle varie edi- zioni, e tai cofe, che fogliono etfere le più care delizie degli eruditi a' ncftri tempi. Mille altri libri appagheranno la curio/ita di coloro, che ftimino cotali ricerche di fom- ma importanza.
Ad ogni modo però fon ben lontano
dal
*7
dal lusingarmi d* avere sfuggito ogni mo^ tivo di riprensione. Senza incolpar i lettori di malevolenza né d* ingiuftizia (frafe in- ventata dagli autori infelici per vendicar/i dal giufto difprezzo con cui fono flati ri- cevuti dal pubblico,) io veggo quante ac- cufe mi fi poflbno fare parte provenienti dalla ragione parte dal pregiudizio di co- loro, che il proprio gufto vorrebbero a tutti far paflare per legge, e parte ancora da- quegli uomini incomodi, i quali veg- gendo le altrui fatiche efler un tacito rim- provero della loro dappoccaggine , fi sforza- no di confolar il loro amor proprio dif- pregiandole eflì fteflì , e cercando, che ven- gano difpregiate dagli altri : fomiglianti ap- punto a que Satiri , che ci deferive Claudia- no, i quali efclufi per la loro petulanza, e fchifezza dal foggiorno delle Grazie, fi fer- mavano dietro alle fiepi fogghignando mali- ziofamente a quei felici mortali, che veni- vano per man d' Amore introdotti ne' dilet- toli giardini. Sarebbe oper©fa,e inutil fati- ca il rifonder a quelle perchè la verità £ non
non ammette rifpofta, e a quefte perchè tal' uni non cangiano opinione giammai ove fi tratta di vilipendere .
Una ci ha non oftante, la quale quant* otterrà facile indulgenza da giudici illumi- nati e (inceri , altrettanto darà faftidio a certe perfone pusillanimi , che (cambiano mal a propofito il rifpetto colla debolezza. Quefta è l'urbana bensì ma ferma, e ira- parziale maniera con cui fi parla delle ope- re e degli autori . Avrebbono forfè defide- rato , eh' io foffi flato più circofpetto : cioè nella fignificazione , che danno efli a tal pa- rola, che non aveffi ofato di profferir il mio fentimento fé non colla timidezza pro- pria d'uno fchiavo, che aveffi incenfato gli errori, e i pregiudizi del fecolo, e che avef- fi fatto Teco vituperevole di tanti giudizj ftoltiflìmi , che fentonfi ogni giorno ne* privati difcor(i,c nelle ftampe . Ne vi man- cheranno di quelli , i quali, ricorrendo a* luoghi topici della ignoranza , troveranno nel titolo di ftraniero una fufpizione d'in- vidia contro l'Italia. Quanto a me anima- to per-
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to perfettamente da fpirito repubblicano in punto di lettere ho fempre ftimato, che la verità , e la libertà debbano eflfere V unica infegna di chi non vuol avvilire il rifpetta- bile nome d'autore: Ho creduto, che l'ac- condifcender ai pregiudizj divenga egual- mente nuocevole agli avvanzamenti del gu^ fio di quello, che lo fia ai progreffi della morale il patteggiare coi vizj ; Ho pennato, che la verace ftima verfo una nazione noti meno che verfo le perfone private non fi maniftfti con cerimoniefi, e mentiti riguar- di, figli per lo più dell' interefle,o della pau- ra, ma col renderle fenza invidia la giufti- zia che merita , e col dirle fenza timore le verità di cui abbifogna: Ho giudicato, che ficcome T amico , che riprende, palefa più fincera affezione , che non il cortigiano , che adula , così più vantaggiofa opinione diraoftra ad altrui chi capace il crede d' as- coltar ragione in caufa propria , che non faccia quell'altro, il quale tanto acciecato il fuppone dall'amor proprio, che non poffa foftener a vifo fermo l'afpetto della verità B i cono-
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eonofciuta : Mi fono finalmente avvifato * che fé il rifpctto per un particolare mi fol- lecitava a ufare di qualche parzialità , il rife petto vieppiù grande, che deggio avere per il pubblico, mi vietava il farlo, facendomi vedere cotal parzialità biafimevole , e ìngiu- fta . Circa il fofpetto , eh' io , come ftraniero $ voglia fcreditar la nazione , eflb farebbe tan- to più infuffifteme quanto che la maggior parte di quell'opera depone in contrario. Bafta legger foltanto di fuga i primi capi- toli per vedere quanto ivi fi largheggi dì lodi colla Italia, come fi preferivano la mufica, e il melodramma italiano alla mufi- ca , e al melodramma degli altri popoli , in qual guifa fi mettano a coperto delle impu- tazioni degli oltramontani, ove fi trovino poco fondate, e come fi renda dappertutto giuftizia al merito illustre datanti fuoi poe- ti, e di tanti mufici. Che fé, ciò non o- ftaite, alcun m' atsnbuifce intenzioni, che non ho npai fognato d'avere; fé dalla fteffa mia ingenuità li prendefle argomento a in- terpretare malignamente le mie intenzioni,
come
come dall' aver Carte/io inventato un nuovo genere di pruove fortiflime a dimoftrar V e- fiftenza d' Iddìo, non mancò ch'il volefle far pacare per Ateifta : fé altro mezzo non v* ha dì fir ricreder coftoro, che quello d'avvilir la mia penna con adulazioni vergognofe , ovvero d' afìoggettarmi ad uno fpirito di partito ridicolo; in tal cafo rimangano effi anticipatamente avvifati , che non ho ferir- to per loro, e che la mia divifa per cotai genìa di lettori farà fempre quel verfo d' O- razio
Odi yYofanum vulgus , & arceo • Mi refta folo far un' avvertenza dopo la. quale finifeo. Prendendo io a narrare V ori- gine, i progreffi, e lo ftato attuale del me- lodramma in Italia, ove più che altrove fi è coltivato, e fi coltiva pur ora, mi s'af- facciò in fui principio una difficoltà , che quafi mi fece venir manco il coraggio • La tragedia, la commedia, e perfino la paftora- le hanno delle leggi fiffe , con cui pofibno giu- dicarci, cavate dall' efempio de' grandi auto- ri , dal confenfo predo che unanime delle B 3 colte
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colte nazioni, e dagli fcritti di tanti uo« mini illuftri, i quali o come filofofi, o co* ine critici hanno ampiamente e dottamente ragionato intorno ad effe . Il dramma in mufica all' oppofto, come parto ancora re- cente nato fotto il cielo dell'Italia, giac- ciate lunga ftagione nell' avvilimento, ne riveftito dal fuo fplendore fé non al noftro fecolo, non ha avuto per anco di qua dai monti un grande ingegno, il quale, pren- dendolo a disaminare nella interna fua coftr- tuzione, né abbia indicati i veri principi, Af- fate le regole , ftabilito il fiftema , e data- ci, a così dire , T arte poetica. Attalchè quelli autori, che hanno fenfatamente parlato d'o- gni altro genere di poefia, vanno a taftone nel ragionare del melodramma, ora rilegandolo ai mondi della favola, ora mettendolo tra le cofe per fua natura difettofe, ed affurde, ora sbadatamente confondendolo colla tra- gedia. Forfè quefta trafeuratezza , e quefto abbuiamento tornerà in maggior fuo van- taggio, convenendo, fecondo Foffervazione de! gran Bacone di Verulamio, che non si
toflo
*3
tofto s'affrettino i filofofi a fiflare i confini d' un' arte fenza prima vedere le divcrfe forme, eh' efla può prendere dalle divcrfe combinazioni de' tempi, e delle circoftanze; ma egli è vero altresì , che chiunque ne vor- rà giudicare fi troverà perplefib fra tante e sì contrarie opinioni , non avendo alla ma- no principi, onde avvalorar il proprio giu- dizio . GÌ' italiani , che hanno fentto fin* ora , non fono flati in ciò più felici . Senza far parola d' Emilio del Cavaglieri , del Sal- vador! , di Jacopo Martelli, de! Gravina, del Mafféi, del Muratori, del Crefcimbeni, di Calfabigi, del Mattei , e di tanti altri, che toccarono quefto punto alla sfuggita, quattro fono gli autori , che hanno parlato p<ù d; propofito . Il Quadrio uomo di lettu- ra immenfa, d'erudizione poco ficura, di gufto mediocre, e di critica infelice imp'egò un mezzo tomo della fua voluminofa opera intitolata Storia e ragione <V ogni yoefia nel trattare dell'Opera in mufica, ove i! lettore altro non fa rinvenire che titoli, che date, e nomi d'autori ammucchiati fenz' ordine a B 4 fpaven-
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fpavento della memoria J e à ftrazio della pazienza. Quella nojofa nomenclatura yien preceduta da una definizione del dramma cavata unicamente dagli abufi, da parecchie offervazioni triviali, da pregiudizi ftabiliti in regola frammifchiati a qualche precetto fenfato . Il celebre Conte A/garotti ne fchizzò un brève Saggio, nel quale col fo- lito fuo fpirito , e leggiadrìa di ftile olez- zante de' più bei fiori della propria, e del- la peregrina favella fi trovano fcritte riflef- fioni affai belle , che lo fanno vedere queir uomo di gufto,ch'egli era in così fatte ma- terie. Ma limitato unicamente alla pratica non volle, o non feppe rifalire fino a' prin- cipi, come forfè avrebbe dovuto fare per ineritar l'onore d'effere annoverato fra i cri- tici di prima sfera. Più erudito, più uni- verfale, più ragionato, e per confeguenza p:ù utile è il Trattato dell9 opera in mufica del Cavai ier Planelli Napoletano . Egli ab- braccia in tutta la fua eftenfione il fuo og- getto. Le fue offervazioni circa le belle arti in genere 5 1 circa la xnufica, e direzione del
teatro
teatro in particolare fono affai giudizio^ » e proficue, e da pertutto reTp'rano l'oneftà» la decenza, e il buon gufto . Nientedimeno fenza derogar al merito d'un Lbro, eh' io credo il migliore d quanti fiano ufeiti fin' ora alla luce maffimamente nella parte diJ dafealiea, ptrrai, che i penfieri dell'autore intorno alla pirte poetica del dramma non abbiano né la giuftezza né la profondità che campeggiano in altri luoghi : mi fembra , che abbia poco felicemente indagati i di- ftintivi fra 1' Opera e la tragedia , e che non venga dato gran luogo alla critica e molto meno alla ftoria , ond' è , che molto ei ci lafcia a desiderare sì neir una che nell'altra. Avrei creduto di dover ritrovare di che foddisfarmi ampiamente in quefta par- te nella Boria critica de9 teatri del Signor Dot- tore D.Pietro Napoli Sìgnorelli, ma piacque all'autore di trafeorrrer di volo fu tutto ciò, che appartiene ai moderni , laddove sì d'f- fufo egli è nelle cofe degli antich», de'qua'i tanto fi è fcritto . Quefta grand^ffima fretti ficcome il follecita fpeflb a pronunziar giu- dìzi
n6
dizj poco fondati fui merito delle nazioni j e fui valore degli Scrittori , così il fa inciam- pare in molte inefattezzt dì fatto, che lun- go fanbbe il voler rilevare. Cotai difetti però non levano all'autore la gloria d'aver fcritta un'opera dilettevole, ed erudita, co me non tolgono a noi il defiderio di veder pubb^cato il Sìfiema drammatico , eh* ei ci profferte , e dal quale avrei forfè potuto ritrarre quei lumi, che non mi è flato permeilo ricavare dalla fua ftoria .
Sarebbe in me imperdonabile baldanza il presumere di poter fupplire a ciò, che non hanno fatto gli altri, e che probabilmente non fì farà così prefto * Un fiftema dram- matico, almeno com'io lo concepifeo, ap- poggiato full' efatta relazione de' movimenti dell' animo cogli accenti della parola , o del linguaggio, di quefti colla melodìa mu- seale, e di tutti colla poefia richiederebbe riuniti in un fol uomo i talenti d' un fi- lofofo come Locke , d* un grammatico co- me du Marfais, d' un rnuFco come Hen- del , o Ptrgokfi 3 e d' un poeta come Meta-
flafioo
2.7
ftafio. Tuttavia finché qualche eofa di me- glio non ci fi apprefenta ,emmi parino necef- fario, non che opportuno, il premettere due Ragionamenti sì per ovviare alla mancanza degli fenttori fu quefto punto 3 come per aver qualche principio fifiTo , onde partire neir efame de' poeti drammatici. Nel pri- mo, derivando dagP intimi fonti della fi- lofofia la natura del melodramma , fi cer- cherà di rintracciare independentemente da ogni autorità, e da ogni efempio le vere leggi di quefto componimento , e i limiti inalterabili, onde vien feparato dalle altre produzioni teatrali. Nel fecondo s' invefti- gherà la proporzione, che ha per la raufi- ca la lingua italiana, e ciò che rimane a farfi per perfezionarla. Se le rifleffioni in gran parte nuove , che ho procurato fpargere fu tali materie, come fu parecchie altre con- tenute in quefto libro , non baftaflero a formar un fiftema completo ( lo che non è flato mai il mio oggetto ) e fé i mae- ftri dell' arte non le trovaffero degne di loro, potranno efle almeno divenir oppor- tune
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tune ai giovani , pei quali furono fcritte prmdpalmeute . Io mi terrò fortunato fc da miei errori altri prenderà occafione d* illustrar con penna più raaeftrevole co- detto bel argomento non men degno delle ricerche d' un fi'ofofo che delle premure d un uomo di gufto .
DELLE
*9
DELLE RIVOLUZIONI
DEL TEATRO MUSICALE
ITALIANO
DALLA SUA ORIGINE FINO AL PRESENTE .
CAPITOLO PRIMO.
Saggio analitico fulla natura, del Dramma muficalc . Differente che b dijìinguono an- gli altri componimenti drammatici . Leggi fue coflitutive derivanti dalla unione delU poefiaj della mufica , e della profpettiva.
Qualora fentefi nominare quefta parola Oper* non s'intende una cofa fola ma molte, ^vale a dire , un aggregato di poefia , di ma- lica , di decorazione , e di pantomima , le quali , ma principalmente le tre prime , fono fra. loro così Inettamente unite , che non può con- fiderarfene una fenza conftderarne le altre ,
né
So ne comprenderli bene la natura del melodram* ma fenza P unione di tutte . Mi farò dun- que a ragionare paratamente di effe, lafciando per ora il parlare del ballo , il quale non fembra coftituire parte efienziale dell' Opera italiana , giac- che quafi fempre fi frappone come intermezzo, e di rado s' innefla nel corpo dell' azione . In qualfivo- glia akro componimento poetico la poefia è la pa- drona afìoluta , a cui fi riferifce il reftante ; neir Opera non è la padrona ma la compagna delle al- tre due, anzi in tanto fi dice buona , o cattiva , in quanto più , o meno fi adatta al genio della imi- fica , e della decorazione * Attalchè gli argomenti poetici , che acconci non fono ad invaghire gli o» recchi colla foavità de' fuoni , né ad appagar l'oc- chio colla vaghezza dello fpettacolo , fono per fua natura sbanditi dal dramma ; come all' oppofto ì più atti fono quelli , che riunifcono 1' una e 1' altra delle anzidette qualità . Ma ficcome la parte più ef« ziale del dramma viene comunemente riputata la mufica , e che da lei prende fua maggior forza , e vaghezza la poefia , così le mutazioni da effa introdotte formano il principal carattere dell'Ope- ra .
V unione della muficà colla poefia è dunque il primo coftitutivo , che difìingue codefte compo- nimento dalla tragedia , e dalla commedia . Né da tale unione rifulta un tutto così inverofimile come pretenderebbero alcuni , a cui pare una ftravagan-
2%
3* 2a che gì: eroi , e V eroine s* allegrino , s' adirino , e fi dicano le loro ragioni cantando . Tal cofa fa- rebbe certamente un afiurdo, fé fi dovefTe pren- der al naturale , ma così non è nel dramma muli* cale, il quale, ficcome avviene a tutti gli altri la- vori delle arti imitative , non ha tanto per ogget- to il vero quanto la rapprefentazione del vero , né fi vuole da tffo , che efprima la natura nuda e femplice qual è , ma che 1* abbellifca , e la foggi al fuo modo . Al pittore non fi comanda foltanto , che dipinga un uomo , ma che il perfezioni nel dipignerlo, aggiungendovi quella proporzione del- le parti, e quella miftura de' colori , eh* egli noti ha comunemente. Cosi è fino a noi pervenuta la fama d' Apelle , che volendo far il ritratto di Ele- na, e non trovando alcun individuo della natura, il quale adeguante quella fublime idea della per- fezione, ch'egli avea nella fua mente concetto, raccolfe da molte fanciulle bellifilme i tratti più perfetti , onde poi un tutto formò , che non efi~ fteva fuorché nella mente del pittore. Si richiede dal tragico , che efprima le paflloni , e i caratteri , ma che gli efprima cogli ftromenti proprj dell' ar- te fua , cioè col verfo , e collo ftile poetico ; altri- menti s* avefie a dipignere veramente le cofe quali furono , farebbe coftretto a far parlar Maometto , e Zaira in linguaggio arabo più tolto che in fran- cefe , in profa familiare, e non in verfi aleflandri- ni . Cosi la mufica imita la natura , ma la imita
pei
pei mezzi, che le fi appartengono, cioè eoi canto e col fuono; il qual linguaggio, attefa la tacita convenzione che pafla tra V uditore , e il mrfico , non è meno verofimjle in fé fteflb di quello che lo fia il linguaggio dei verfi , e V affortimento de* colori, poiché l'oggetto, che la unifica ad imitar fi propone , eiifte realmente nella natura non alza- menti , eh' efifta quello , che prendono ad inaitare la pittura , e la poefia . Onde accufar il dramma mu- seale perchè introduce i perfonaggi che cantano , è lo fteflb , che condannarlo perchè fi prevale nella imitazione de' mezzi fuoi in vece di prevalerli de- gli altrui : è un non voler, che fi trovino nella na- tura cofe atte ad imitarfi co) fuono , e col canto : e in una parola accufar la raufica perche è mu- gica .
Pofla la prima legge fondamentale del dram- aia , la fìlofofia propone a feiogliere il feguente problema» Data la intrinseca unione della poefia eolla mufiea , quai mutazioni debbono rifultare da sì fatto accoppiamento in uh tutto drammatico • Ten- tiamo , fé fi può , di metter in chiaro cotal que- flione , che abbraccia tutto P argomento del noftro j difeorfo . S'io non m'inganno, la foluzione di- pende dall' efame intimo delle relazioni , che corro- no fra le due facoltà»
Il poeta ha per oggetto tre cofe commuove- re, dipignere, ed iftruire. Commuove il poeta era direttamente feoprendo negli oggetti quelle
cjrc*
[•
33 «ircoftanzc , che hanno più inmediata relazione con noi , e che ridevano per confeguenza il no- ftro intereife , giacché ninna viva affezione può nafeere neir animo noflro verfo un oggetto , il quaie indifferente del tutto ci ila : ora indiretta- mente muovendo col ritmo , e colla cadenza poeti- ca , colla infleffione, e coli' accento naturale della voce quelle fibre intime, all'azione delle quali è, per così dire , attaccato il fentimento . Quella fe- conda maniera è quella , che rende la poeiia tanto acconcia ad accoppiarli colla mufica : anzi fiffatta proprietà , la quale fino ad un cttto fegno è co- mune ugualmente alla eloquenza che alla poefi^, non è che il fondamento della melodìa imitativa , ovvero fia del canto : dalche ne feguita eziandio , che la poflanza della eloquenza fé non in tutto almeno in gran parte dipende dalle qualità muli- cali della lingua, ovvero fia dalla magìa de* fuoni combinati diverfamente nel numero oratorio , o nella pronunzia. Dipinge era riveftendo d' imma- gini materiali le idee fpirituali ed aftratte : ora rac- cogliendo le bellezze fparfe nella natura per ragti- narle in un folo oggetto : ora la proprietà d' un Elfere ad un altro trasferendo a vicenda: ora cer- cando , che la collocazione , la pronunzia , e il fuo- no iìtffo de' fegni arbitrari , cioè , delle parole 1' im- magine mentale da lui creata efprimano perfetta- mente. Anche in quell'ultima proprietà un'altra ragione d'analogia della mufica colla poefia confi* C fte;
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ite: Imperciocché quanto più la efprefEone poeti- | ca de* motti s* avvicina alla natura delle cofe , che fi rapprefentano , tanto pia agevolmente potrà la mufica le cofe fteffe imitare. Iftruifce cercando per mezzo della cognizione del Bello intelietuale , e del Bello fifico portar gli uomini alla cognizione , e all'amore debello morale. Sebbene codefto ogget- to non forma un carattere diftintivo della poefia fé non in quanto è una confeguenza delle altre due : cosìchè una iflruzione feompagnata da ogni l'enti- mento e da ogni immagine nulla affatto fi conver- rebbe alla poefia ♦ Ciò fi vede in Lucrcijoil più cele- bre;, poeta filofofo dell' antichità , il quale fi rende in- foffribile , allorché , abbandonati i flioi vaghi epifodj , s' innoltra nel puro didascalico, e più chiaramente fi feorge ne' moderni fuoi pretefi imitatori, i qua* li fi credono di poter discacciar Apollo dal feggio del parnaflTo , e di farci afiaporire la bevanda de* Numi , qualora ci regalano pezzi d' ottica , d' idro* ftatica , e tal volta di geometrìa fecca fecca nelle loro gotiche poefie (a) . Egli è vero, che negli
autori
(a) Perchè di ce* io "uomini di guttc e feai,b>lt, che leggono, e rileggono con d letto !e georgiche dì Virgiìio, a fatica fi troveranno cinque, chi leggino due volt.» nel- la lor vita il poema intiero dì Lucreas è Perchè tutto è anima, tutto immigi.te, tutio dWìcu zz% nel poeta Man- tovano. Perchè fa parlare al a fantasia idoleggiando ogni cofa, al cuore fceglieado i quadri più intertffanti 9 alt* orecchio lavorando i fuoi vedi con una varietà , e
5f
autori anche piìì celebri fi trovano fpeflb delle fentenze morali , che pajono fcompagnate dall' uno e dall' altro , e già veggo alcuno farmi fi incontro con alla mano il faggio fopra 1' uomo del Pope , e con qualche altra poefia inglefe , o francefe tutta di moralità ., e d' irruzione compofla : ma, esami- nando bene cotai componimenti , fi troverà , che le fentenze loro , o fi rifolvono ultimamente in qual- che movimento di pafilone , o in qualche immagi- ne , o che altrimenti annojano tofto •
Delle tre cofe acennate la mufica non fi pro- pone fé non due fole , come Rat principale il commuovere, come fubalterno il dipigneie. Com- muove la mugica ora imitando colla melodìa voca- le le interiezioni, i fofpiri , gli accenti, V efcla- mazioni , e le infleffloni della favella ordinaria, onde fi rifvegliano le idee , che delle paffloni fu- rono principio: ora raccogliendo cotali infleflioni, che fi trovano fparfe ordinariamente nella voce appaffionata , e radunandole in un canto conti- nuo , che è quello che /oggetto s'appella: ora ri- cercando coi fuoni armonici , colla mifura , Ci col
dolcezza d'armonia , che incanta. Di tal doti alcune fi trovano mediocremente in Lucrezio, delle altre non ap- parile neppur vettigio Sì: lo dirò arditamente, quan- tunque fappia di parlar a un fecolo di Lucreziani . Il folo epi odio d'Arìltto, e quei o delle lodi della vita ruiicana nel/2 georgiche intereflano più che i Tei libri de natura rerum •
3*
col movimento , e eolla melodìa que' filici riporti nervi , j quali con certa ma inesplicabil legge muovendoli , all' odio , o all' amore , air ira , al gau- dio , o alla triftezza ci fpingoao » Dipigne ora imi- tando col romore degli ftromenti dal ritmo mus- eale dottamente regolati il fuono materiale degli oggetti filici , che fono capaci d' agire full1 animo noftro qualora li fentiamo nella natura , come fa ìa mufica allorché efprime V armeggiar d' una bat- taglia , o il fragore del tuono : ora rifvegliando colla melodìa le fenfazioni , che in noi producono le immagini di quegli oggetti , i quali per efler privi di fuono non cadono fotto la sfera della mu- fica , come allorché non potendo lignificare la tomba di Nino , V odore de* fiori , o tai cofe , che appartengono ad altri fenlì , e non all' udito ; il imi fi co rapprefenta in vece loro V effetto , che in noi cagiona la veduta maninconica di quel mau- foleo , o il placido languore , che inducono i fiori odorati : ora eccitando per mezzo dell' udito mo- vimenti analoghi a quelli, ch'eccitano in noi gli altri krifi ; come allora quando il mufico volendo efprimere il tranquillo ripofo d'uno che dorme, ovvero la folitudine della notte , e il filenzio mae- ftofo della natura , trafporta , dirò così , 1' occhio nell'orecchio, e ci rapprefenta la fofpenfione e il terror fegreto , onde vien comprefo lo fpettatore nel rimirare siffatti oggetti. Il lettore mi rifpar- mierà 1' entrare in più profonda ricerca intorno a
quello
37 ti quefto punto • Cotale fpiegazione , che tutta di- pende dalla maniera con cui agifcono i fuoni falla noftra macchina , e dalla intima relazione , che patta tra la vifta e 1' udito , relazione fofpettata prima dalla efperienza , poi metta nel fuo maggior ijlurne dal Neutono , oltrachè diventerebbe troppo prolilfa , non è eifenzialmente legata col mio ar- gomento •
V iflruire direttamente non le appartiene in verun conto , imperocché , effendo deftinata a parlar ai fanti , e per mezzo loro al cuore , ne potendo agire per altra via che per quella del movimento, non ha confeguentemcnte i mezzi d'arrivare fino air attratta ragione • I fuoni altro non fono che fuoni : rendono le fenfazioni , e le immagini ma in niun modo le idee . Nullameno può la mufica accompagnare le fentenze iftruttive della poefia , e non colla viva efpreffione d' un canto imitati- vo, almanco feguitando colla mifura , coli' anda- mento, e col tempo il tuono generale del difeor- fo , purché i verfi , che s' accompagnano , non ab- biano fuonof così malagevole , e rozzo , che al canto inetti riefeano , e per confeguenza non fia- no drammatici . Per efempio in codefti verfi Comincia il regno Da te medefmo : i dcjideri futi Siano i primi vafalli : onde i [oggetti abbiano in chi comanda L' efempio d' ubbidir . Sia quel che dei
C 3 No»
9«
Non quel che puoi de ir opre tue mi fura •
11 pubblico procura
Tiù che il tuo ben . Fa che in te sf ami il fadrt$
Non fi tema il tiranno . E1 de' regnanti
Mal ficuro cuftode
V altrui timore • • • . Sebbene la mufica non ne renda il fenfo , poiché in elfi nulla fi trova d' immaginativo né d' affet- tuofo , può non ottante accrefeer colla melodìa naturale maggior forza alle varie potature , e mo- dukzrèni della voce . Ma fìccome non ha la dif- po{Izionè intrinfeca , che s' abbifogna per ilprimer- li , niente niente che duri il disertare diverrà un romore magnificante , che avrà V apparenza efter-* na della mufica fenz' averne lo fpirito.
Da quefto paragone della mufica colla poefia rifultano due oifervazioni fpettanti al mio pro- pofito . La prima , che la mufica è più povera del- la poefia , limitandoli quella al cuore , all' orec- chio , e in quakhe modo alla immaginazione , lad- dove quefta fi ftende anche allo fpirito , ed alla ragione . In contraccambio la mufica è più efpreffì- va della poefia , perchè imita i fegni inarticolati , che fono il linguaggio naturale , e per confeguen- za il più energico, e gli imita col mezzo deJ filo- ni , i quali , perchè agifeono fificamente fopra di noi , fono più atti a confeguire V effetto loro che non fono i verfi , i quali , dipendendo dalla paro- la , che è un fegno di convenzione s e parlando
uni-
39
unicamente alle facoltà interne dell'uomo hanno per effer guftati bifogno di più fquifito , e delicato Pentimento. Quindi è, che una melodìa fempiice commuove univerfalmente affai più che non faccia un bel componimento poetico . La feconda è , che la poefia fatta per accoppiarfi colla mufica , debbe riveftirfi delle qualità , che quella richiede, e ri- gettarne tutte le altre : circoftanza che tanto più divieti neceffaria quanto la lingua è men unificale 9 poiché qual cofa imiterebbe la mufica in un lin- guaggio privo d' accento , fé la poefia non le fom- niiniftraffe né fentimenti , ne immagini ?
La breve analifi fatta finora ci ha, fé mal non m' appongo , appianata la via alla foluzione del problema propofto . Se la poefia dee fecondare V indole della mufica , e fé quella non può èfpri- mere fé non gli oggetti , che contengono paglio- ne , o pittura , dunque il dramma muficale dee principalmente verfare circa argomenti , che ab- bondino dell' una e dell' altra , e rigettarne quelli altresì , che , apportando feco lente difeuflìoni , lun- ghi ragionamenti , o lunghi configli , al genere iftruttivo , del quale la mufica non è capace , s' ap- partengono perfettamente . E così abbiam trovata la prima qualità effenziale , che diftingue F Opera dalla tragedia . Quefta non affoggettandofi alle leggi della mufica, può maggiormente approfittarfi dei vantaggi della poefia , onde non le H difeon- Tengono i dialoghi ragionati , gli affari politici , e C 4 tali
4o tali cofe , purché fi facciano a proposto , e con diletto. La prima feena del Pompeo in Cornelio, e il primo atto del Bruto in Voltaire fono fquar- ci di fingolar bellezza in quelle tragedie. *Ma fé trasferirli volefflmo all' Opera farebbero morir di languore gli uditori .
Quindi P andamento del dramma dee effere rapido : imperocché fé il poeta fi perde intorno ai punti troppo circoftanziati , la mufica non può fé non affai tardi arrivare a quei momenti dJ intereffe e d'azione, dove effa principalmente campeggia. Dal che nafeono due inconvenienti .• il primo che offendo il linguaggio della mufica troppo vago e generico , e dovendo confeguentemente per indivi- duare P oggetto , che vuol efprimere , far lunghe gi- ravolte , e feorrere per moltiplicità di note ; P a- xione diverebbe d'una lunghezza infoffribile fé il poeta non fi prendeffe la cura di troncare le cir- coftanze più minute. Il fecondo, che fiffatte minu- tezze per effer prive di calore e di energia non potrebbero accompagnarfi fé non da modulazione infignificante , e triviale, che niuno fpirito aggiun- gere alle parole . Un paffaggio facile , e pronto da filiazione in Umazione , un rifparmio di circo- ftanze oziofe , una ferie artifiziofamente combinata di feene vive ed appafiìonate, una economia di difeorfo , che ferva , per così dire , come di tefto , fu cui la mufica ne faccia pofeia il commento ; ec- co ciò che il poeta drammatico debbe fommini-
ftrare
4* firare al compratore. Lafciando al tragico Tara* piezza delle parole , e il lento , ed artifiziofo f vi- luppo degli avvenimenti , appiglifi egli pare alla precifione de* fentimenti , e alla fpeditezza , e ra- pidità dell' intreccio • Merope nella tragedia fran- cq(c , che porta il fuo nome , fa una lunga ed eloquente parlata chiedendo a Polifonte , che le venga reftituito il proprio figliuolo • Una madre introdotta da Metaftafio in limili circofìanze li fpiega in poche parole.
Rendimi i! figlio mio: Jhi ! mi fi fpez,z,a il cer : Horr fon più madre ., oh Dio ! Non ho più figlio . Eccounefempio della concifione , eh' efige il melo- dramma . Ma quefti quattro verfetti foli accompa- gnati dalla moffa e vivacità , che ricevono da li- na bella mufica faranno , come riflette faggiamen- te il Signor Grimm nel fuo difeorfo fui poema li- rico, un effetto vieppiù forprendente digli animi degli uditori , che non la tragica , e artifiziofa feena della Merope di Voltaire .
Per la fletta ragione una orditura troppo com- plicata mal fi confarebbe colla natura del dram- ma . La mufica , perchè faccia il fuo effetto , ha bi- fogno di certi intervalli o diftanze , che lafcino luogo alla efpreffione , altrimenti/, feorrendo fu troppo velocemente per le diverfe note , vi fi con- fondono i paffaggi , e V armonia fi difperde . Lad- dove
4x dove fé le fi accoppia una poefia troppo cari- ca d'incidenti , l'affollamento di elfi fa che l'u^ na non vada mai ' d' accordo coir altra , e che la muiìca non poffa marcar le iituazioni 3 che le fomminiftrà la poeiìa . Ed ecco un' altrfr diftin- tivo dell'Opera la fimplicità , e la rapidità dell'ar- gomento .
La dipendenza altresì della poefia rifpetts alla unifica induce una mutazione non piccola nel* lo ftile. Quello nella tragedia debbe effere pura* niente drammatico , nel dramma muficale debbe ef- fere drammatico - lirico . Per far capir meglio tal differenza è d'uopo risalire fino ai principi .
Il canto è una efpreffione naturale degli affet- ti dell' animo ifpjrataci dall' ritinto , come ci fona ifpirati gli altri fegni efterni del dolore, gaudio a triftezza , voluttà , fperanza , e timore , colla cir- coftanza , che ciafeuna di effe paffioni ha il fuo fegno particolare , che la efprime , laddove il canto le efprime tutte fenza differenza . Il canto fuppo- ne dunque agitazione nell' animo , come la fap- pongono le lagrime , e il rifo , è tanto più grande quanto effo è più vivo e calcato . Cosìche chi canta è in qualche maniera fuori dal fuo flato na- turale come fi dicono effer fuori di fé gli uomini agitati da qualche forprefa , o affetto : dal che ne fiegue", che il linguaggio che ccyrrifponde al canto, debbe effere diverfo dal comune , cioè , tale quale fi converrebbe ad un uorao , che efprime una fitua-
zione
4J
«ione dell' animo fuo non ordinaria. Ora cotal alienazione , o agitazione , o come vogliamo chia- marla , o ha per oggetto le cofe , che interefiano vivamente il cuore, e allora lo ftile di chi canta farà appafllonato , ovvero ha per ifeopo quelle , che colpifcono T immaginazione , e in tal cafo chi canta uferà del linguaggio immaginativo, o pitto- refeo , il quale in foftanza non è altro che il li- rico. Quindi lo ftile figurato, e trafpofitivo de' poeti lirici , quantunque paja ftrano a prima vifta è nondimeno affai conforme alla natura ; imperoc- ché, fupponendo che e* cantino ciò, che dicono, fi Cappone parimenti , che fiano invafi , o forprefi . Il canto è dunque il linguaggio della illufione , e chi canta inganna fé fteiTo , e chi afcolta ezian- dio , facendogli parere d' efler divenuto maggior degli altri , e quafi divinizzatoli . A mafeherare maggiormente 1' errore contribuifee la mufica ftru- mentale , la quale accoppiarafi colla vocale rende più forte , e più durevole la forprefa , e trattenendo l'uditore della fua dolcezza, fa sì, eh' ei non fi avvegga della fua illufione , come il cinto mifte- riorofo d'Armida impediva Rinaldo dal conofeere ch'era incantato. La pofTanza dell'una e dell'al- tra a risvegliar idee grandi , fublimi , e fuori dell8 ordinario fi vede da ciò , che fpefib i facri Profeti avanti di proferir i vaticinj ifpirati loro da Iddo, richiedevano il fuonatore , che rifvegliafle loro lo fpirito. Si vede tra i profani nell'incominciamen-
t© d'ai-
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to d' alcune odi d' Orazio, e più di lui neir inimitabile Pindaro , appo cui tutti i noftri Gongora, Chiabrera , Guidi, Roufleau , Driden , Gray , Gleim , e Klopftoc fono ciò, che è l'uc- cello , che fvolazza intorno alle paludi paragona- to coir aquila , che fpazia imperiofamente peli* immenfo vuoto dell' aria .
La natura fteffa del canto ci porta dunque ad ammettere lo ftile lirico . Perciò molti modi di di- re , che grandemente piacciono nel dramma non piacerebbero punto nella tragedia . Per efempio quella leggiadriffima arietta del Metaftafio . Placido Zeff retto 9
Se trovi il caro oggette , Digli , che fei fofpiro , Ma non gli dir di chi • Limpido Rufcelletto , Se ti rincontri in lei Dille , che pianto fei , Ma non le dir qual ciglio Crefcer ti fé così • O quefti altri verfi del Qninaut nell* Ifide pieni di dilìcatezza e d' armonìa
Le Zefir fut temoin , /' onde fut attentive Quand la Nimphe jura de ne eh anger j amai f , Mais le Zephyr leger & V onde fugitive , Ont enfin em porte les ferme ns qu elle a faits • Sarebbero fenza dubbio mal collocati nell'Alzira, nel Polieuto , o nel Mitridate , ma bifognerebbe
efltr
45
effer troppo in odio 'al Dio che preflede a? mufi^ cali diletti , per volerli efcludere dal teatro lirico • Ci è ancora una ragione di più per ammetterlo nel!' Optra , ed è V uniformità che rifiuterebbe nella unifica , fé dovefTe aggirarli foltanto intorno ai fòggetti patetici , privandoci noi fpontjaneamente della ricca forgente dì bellezze armoniche , che fom- miniftra la pittura degli altri oggetti . Belli/lima è la mufìca , che efprime le affettuofe fmanie di Tirnante i Mi fero pargoletto
Il tuo deilin non fai ;
Ah ! non gli dite mai
Chi foffè il genitor . Come in un punto , oh Dio !
Tutto cangiò d* afpetto !
Noi folle il mio diletto ,
Voi fiete il mio terror . . Ma non è men bella V altra che corrifponde a quel!* aria tutta lirica dell' Orfeo : Chi mai dell* Èrebo
Fra le caligini
Sul!* orme d' Ercole
O di Firitoo
Conduce il pie ? D' orror V ingombrine
Le fiere Eumenidi ,
E lo [paventino
Gli urli del Cerbero
Se un Dio non è •
Quali-
: 4*
Quanto più varia , e per confeguenia piò dilettevo« Je non fi rende la muficà frammezzando le bellez- ze di quello fecondo genere a quelle del primo? Qua! vaghezza di contraiti , qual ricchezza non fi crefce alla poefia ? Dalche fi vede che troppo ne- mici de' noftr piaceri fi fono moftrati quegli auto- ri per altro filmabili , i quali hanno voluto tutte 3e parti dello fpettacolo drammatico al folo gene- re appaffionato ridurre .
E' però d' avvertirfi , che febbene il principio da noi ftàbilito fia generalmente vero , fi modifica tuttavia diverfamente fecondo i diverfi generi di poemi , ai quali fi applica . Neil* Ode fìccome chi canta è particolarmente agitato dall' eftro , e che la fua fantasìa fi fuppone eflere nel maggior delirio , così la efprefilone de' concetti debbe efiere più di- /ordinata, e più libera, piena di voli ardimento- fi, di trafpofizioni , e d'immagini , che efprimanp lo fiato in cui fi trova lo fpirito del cantore . Ma nel dramma, dove ne fi può, ne fi debbe fupporre che i perfonaggi abbiano la mente alienata fino a tal fegno , e dove l'azione, 1' interfiTe>, e l'affet- to hanno tanto luogo , il linguaggio , che corri- (ponÒQ , può efiere lirico bensì ma con parfimo- nia , quanto balli per dar al canto grazia e viva- cità , fenza toglier i fuoi diritti alla teatrale verofi- miglianza, e al diverfo genere di paffione, che fi rapprefenta . Quindi l'origine dello fìile lirico- drammatico proprio dell'Opera in mufica, la efat- ta pr«~
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fa proporzione del quale è quella , che caratterizzi Metaftafio fopia tutti gli altri.
Si offerva facilmente quanto !a natura del can- to e dello ftil unificale debba influire fui carattere de' personaggi . Se il canto è il linguaggio del fenti- mento , e della illusone , dunque non li debbono in- trodurre a parlarlo fé non perfone capaci di commo- zioni vive e profonde , ne in altre circoftanze , che in quelle , che (appongono agitazione. Mal s' apoli- cherebbe la più poifente e la più energica delle arti d' i nitazione ad un difeorfo freddo e infignificante • Mai il confarebbe ad un Socrate, ad uno ftoico di vifo arcigno, che fcevro da ogni commozione d'affetto mi thiudefTe ki un'arietta quattro apotegmi del Li- ceo . Male ad un vecchio , che agghiacciato dalla erò , rivolge verfo di fé unicamente la fentìbilita , che gli altri oggetti richiedvrebbono. Male ad uno llatifla, ai un avaro, ad un politico, a que' caratteri in fo:tt- ma , che capaci folo di paltoni foi\lide,o cupe, e per intereffe , o per le circo. tanze divenuti guar- dinghi , non fciolgono giammai t'animo ad un inge- nuo, e facile trafporto. Siffatti pedonagli , ufando per lo più d' un tuono di voce uniforme , e comporto , non fanno fpiccar nella favella loro quella chiarezza e forza d'accento, quella varietà d' iurte filoni , che fono l'anima della mufica imitativa. Però fi dee Coltivare che s' introducano nel melodramma , op- pure fé vi s'introducono, non dovranno o:cupare (e non uh luogo Subalterno t lafciando ad efiì l'o- nore
4%
nore d' ottener pofti più riguardevoli nella trage- dia , dove una orditura più circoftanziata apre più vafto campo allo fviiuppo di tai caratteri • Calli- ente nel Dione , Lulìgnano nella Zaira , Polidoro nella Merope , e fimili altri fanno un gran effetto fui teatro tragico , perchè i perfonaggi che imitano parlano alla ragione eziandio , e perchè la potila piace non meno quando iitruiice che quando com- muove ; la prima delle quali cofe può confeguirfi egualmente coi caratteri freddi , tranquilli , o diffi- molati , che coi loro oppofti . Ma la natura del canto , per cui vuoili energia e commozione d' af- fetto , e che non fa imitare dell' anima fé non il trafporto , li rigettarebbe come inopportuni al fuo feopo ...Ma poiché effi fono talvolta neceffarj allo fviiuppo degli avvenimenti qua! luogo deggio- no ottenere precifimente nel melodramma ?
Ecco che T accennata interrogazione ci porta ad un' altra cognizione non meno intereflante, a quella, cioè, dei divedi generi di canto, che cor- rifpondono al diverfo carattere , e alla fituazionc diverfa dei perfonaggi . Havvi una fituazione tran- quilla , nella quale eglino s* informano a vicenda dello flato attuale delle cofe, con cui fi eipongono le circoflanze , e fi riempie , per così dire , V in- tervallo , che palla , tra un movimento di paffione e un altro. Coderto genere, che appartieni! perfet- tamente al narrativo, è quello che caratterizza il recitativo femplice , di cui fono proprie ficcome
d' ogni
49 à9 ogni altra narrazione la perfpicaità , la chiarezza , e la brevità , ofiervando , che V ultima di quefte doti è più neceffaria nell' Opera che nella tragedia si per la Grettezza , e rapidità che la mufica efigge , e fi perchè, eflendo il canto o la melodìa l'ultimo fi- ne della- mufica imitativa, l'uditore è impaziente finché non arriva a confeguirlo . Nel recitativo femplice adunque 3 che declamazion muficale più tofto che canto dee propriamente chiamarfi , giac- ché della mufica altro non s' adopra che il Baf* fo , che ferve di quando in quando a folte* nere la voce , né fi feorre fé non rade volte per intervalli perfettamente armonici : hanno il lor luogo i perfonaggi fubalterni , che noi abbiamo fuppofto fin' ora inutili al canto. Havvi an'altr* fituazione d' animo più veemente , e concitata , dove i primi impeti delle paffioni fi fpiegano , quando l'anima, ondeggiando in un tumulto d'affetti con- trari , fentefi tormentata dalle proprie dubbiezze fenza però fapere a qual partito piegare. Siffatta incertezza, e l'alternativo paffaggio da un movi* mento in un altro diverfo è quello che forma il ecitativo obbligato lo ftile del quale dee confeguen- emente eifere vibrato , e intercifo , che moftrì ìell' andamento fuo la fofpenfione di chi parla , e 1 turbamento , e che laici alla mufica ftrumentale 'incombenza di efprimere negli intervalli della oce , ciò che tace il cantante . L' anima fianca felle fue incertezze , fi rifolve finalmente , e ab- D braccia
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braccia quel partito che più confacente le feinbra » Gli affetti pili liberamente fi fpandono , e fono , per così dire nelP ultimo lor periodo . Cotal fitua- zione è la propria dell' aria , la quale confiderata folto quello filofofico afpetto non è altro che la conchiuiione , l'epilogo , o epifonema della paffìone , e il compimento più perfetto della melodìa . Un efempio rifehiarerà meglio il mio penfiero . Selene forella della sfortunata Didone viene a ragguagliar- la, ch'Enea fenza punto curarfi delle fue preghie- re ha nel filenzio della notte ragunati i fuoi com- pagni , alleftite le navi , e fuggito da Cartago « Quefta feena è compofta di femplice recitativo . Bidone colpita dalla improvvifa novella ondeggia fra un tumulto d' affetti , di penfieri , e di dubbj , fé deggia con mano armata infeguir Enea , che fug- ge , o darfi in braccio a larva fuo rivale , o più tofto procacciar/! da difperata la morte . Codefta Umazione , che comunemente fi efprime in un mo- nologo , è propria del recitativo obbligato. Si de- cide in fine, e il defiderio di morire la vince: ecco il luogo opportuno per P aria . Che fé il per- fonaggìo non fi rifolve, ma rimane nelle fue dub- biezze, come tal volta adiviene , allora P aria do- vrà effere come una efeita , una fcappata del fenti- mento , cioè quella rifletfìone ultima , in cui P ani- ma fi trattiene per isfogar in quel momento il fuo dolore, o qualfivoglia altra affezione. Siffatta ri- fleffione alle volte è morale cavata dall'avvertenza
che I
5*
che fi fa alle proprie circoftanze : in tal cafo I* a~ ria chiude naturalmente una fentenza , giacché io non faprei convenire col Cavalier Planelli (a) 9 né col Sulzer (b) , i quali ogni e qualunque kn~ tenza vorrebbero efcludere dalle arie , perchè 3 di- cono e (Il , della p afflo ne non è proprio il dommatiz- zare. Certamente none proprio di effa , fé per dommxùzzcCre s' intenda V intuonar fui Teatro un capitolo di Seneca , ovvero alcuna di quelle lunghe tiritere morali , di che tanto abbondano le Tra- gedie de' cinquecentini , nel qual fenfo fono fia- te ancora da me condannate : ma non è già così di piccole , e brievi fentenze , che f^>ontaneamen- te vengono fuggente all' animo dallo flato prefen- te del noftro fpirito . Le quali lontano dal difcon- venirfì ad una perfona appafllonata le fono anzi naturaliflìme per quel fegreto vincolo , che lega infieme tutte le facoltà interne dell' uomo , onde avvien , che la rifleffione defti in noi le paffioni , e quefte dettino la rifleilione fcambievolmente , co- me ognun può offervare in fé fìeilb , e come ve- defi praticato dai primi autori .
V errore di tal opinione è nata al mio avvifo
dal non aver penetrato abbaftanza nella filofofia
delle paffioni , e dall' avere ftabilito come regola
generale ciò, che dovrebbe effere una eccezione
D % foltan-
(a) Trattato dell'Opera in unifica e. 3. tf. 3,
(b) Theorie des Beaux Aris, Artide Opera»
5*.
foltanto. V ha delle paffionì , che ammettono le fentenze ri fl e/Te , v'ha di quelle, che le ricufaao * Fra quelle ultime è l'amore, e la ragione dipen* de daiP indole di quelP affetto . V amante , che proftrato a* piedi della fua Eella , chiede la fofpi- rata mercede de' fuoi lunghi fofpiri , fa beniffimo , ch'egli non è debitore né al fuo ingegno, ne alla fu a dottrina della fortuna d' eitere riamato . Sa che 1* amore independente per lo più della riflef- fione , e della ragione non ha altro domicilio che il cuore, ne altra legge che quella, che gli detta P affetto. Le lagrime fono li fuoi argomenti : la fedeltà , e la coftanza fono i fuoi titoli : tutta la fua logica confifte nel far valere la fua tenerezza , e la fua fommeffione • Sarebbe dunque inutile an- zi contrario al fine , eh' ei fi propone , P aiTalire il cuore della fua amata con teoremi , o con pria* cipj tratti da una filofofia , che P amore non rico- nofee »
Egle dijlratta intanto Torna , dijfe , a ridir, eh' io nulla inteji \ Ecco il perchè gli apotemmi amorofi riefeono co- sì infipidi fui Teatro . Lo fteffo dico dello fdegno il quale , determinando/! fui momento , nqr\ ha né il tempo ne Poccafione di generalizzare le idee ♦ Non è così per efempio dell' ambizione . L' ogget- to , che queftà fi propone di fovraftar tutti gli al- tri , e di regnar , fé potefTe , in un univerfo di fchiavi , non "può confegukfi fenz' un' intima co*
gnizio-
S3
gnizione degli uomini , delle loro proprietà , e de-* bolezze , delle vicende della fortuna , delle circo- flanze de' tempi , e de' mezzi di prevalerfene * Cotale Audio fuppone nell* ambiziofo uno fpirito d' offervazione , e di fiftema capace di rilevar la connetfìone delle caufe coi loro eventi , e di rifali- re fino ai principi . E* dunque affai conforme all' indole di tal palfione l'efprimerfi con maflime gè- nerali , che fuppongono meditazione . Non è vero- simile che Mirtillo nel Paftor fido la prima volta, che fi abbocca con Amarilli per ifcoprirle il fuo amore , $' intertenga con effa lei a far , per così di- re, una fcaramuccia di fentenze , né ch'egli dica Non è in man di chi perde
V anima il non morire . né eh* ella rifponda
Chi s9 arma di virtù vince egni affetto * o eh' ei ripigli
Vinti non vince ove trionfa amore affinch* ella foggiunga
Chi non può quel che vuol , quel che può vogha » colla lunga filaftrocca che feguita. Ma è naturale bensì , che Artabano comprefo da fmoderato deli- M derio di regnare , al quale ha le fue mire indiriz- zate , fi fpieghi col figlio in tali termini : £' /' innocenza , Arbace f Un pregio che conjifle Nel credulo confenfo Di chi V ammira , e fé le togli quefio
D $ l#
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In nulla fi rifolve : Il giufio e foh Chi fa fingerlo meglio , e chi nafcondz Con piti defiro artifizio i fenfi fui Nel Teatro del Mondo agli occhi altrui* Nel primo fi vede il poeta , che vuol far pompa di fpirito in mancanza del fentimento ; nel fecon- do fi fcorge un uomo , cui la fua paffione ha fat- to divenir federato per fiftema • Dall' applicazion convenevole di tai principj alle diverfe paffioni de- dur fi potrebbe una teorìa generale cavata dalla natura delle cofe , che rifparmierebbe molte criti- che poco fondate , e che riufeirebbe utiliffima a chi vuol inoltrarli nella difficile , e delicata carriera del Teatro .
Lo fteiTo dee dirfi delle comparazioni • Mi fembra egualmente ingiufto lo sbandirle affatto dal dramma , che il volerle tutte fenza eccezione difen- dere . V uomo generalmente è più dominato dai fenfi che dalla ragione . Le catene celle quali la natura P ha legato agli altri efieri dell' univerfo , e la neceffaria dipendenza, in cui vive, degli og- getti efteriori , lo coftringono fovente a paragonar- fi con effi , e a difeoprirvi le relazioni fegrete, che pailano tra la natura loro , e la propria . La fantafia ripiena di ciò , che le vien tramandato per mezzo degli organi , non fa creare fé non imma- gini corrifpondenti a quello, che vede, e l'uomo, fui quale ha codetta facoltà sì grande imperio , non fa immaginare le cofe anche più attratte fé
non
non riveftite delle proprietà 3 che oflerva negli og- getti fenfibili. Quindi l'origine della metafora, fi- gura la più conferme di tutte alla umana natura , poiché la veggiamo ufarfi ad ogni momento dai fanciulli, e dalle perfone più rozze anche inav- vertentemente ne* loro famigliari difeorfi • Ardo di rabbia , cielo allegro , giornata manincQnica con cen- to altri fomiglianti efpreffioni s' odono, ad ogni tratto nella bocca de' più idioti. Quindi l'origine eziandio delle fimilitudini egualmente naturali ali* uomo, allorché non trovando efpreffione, che cor- rifponda alla vivacità del filò concetto mentale, s' appiglia per farfi capire alla comparazione colle cofe fenfibili . Nel che è da oflervarfi in conferma- zione del mio propofito , che V ufo del parlar figu- rato, e comparativo tanto è maggiore in un popolo quanto è più fcarfo il linguaggio , e meno pro- gredì v' ha fatto la coltura delle Arti , e delle Scienze . Legganfi le prime poefie di tutte le na- zioni , come fono i frammenti degP islandesi , i poemi d' Ofsian , le favole di Pilpai , il Gu- liftan di Saadi , i libri di Giobbe , e le canzonette americane , e vi fi troverà una fomiglianza che a prima viltà forprende , benché ferine da nazioni , e in tempi così diverfi. Tutto ira effe è metafora, tutto è comparazione . Par quafi , che il poeta non viva, e non fenta, ma che fenta , e viva per lui la natura. A mifura però che il linguaggio fi flende, che le arti fi moltiplicano 5 e che la coltura delle D 4 lette-
i$
lettere vi fi aumenta , Io ftile delle figure , e de* fegni s' indebolire , s' introduce 1' ufo de' termini attratti, la filofofia 5 riducendo 1* efpreffioni al li- gnificato lor naturale, va poco a poco ammorzando 1' entufiafmo , la poefia , e la eloquenza divengono più polite , e più regolari , ma cbnfeguentemente meno efpreflive: appunto cornei grani d'oro aflbt* figliati , e ridotti in foglia dagli artefici , i quali perdono in folidità tutto ciò che acquiftano in e* itenfione .
Può dunque il poeta drammatico metter in bocca de' fuoi perfonaggi le fitnilitudini , ma accio* che riefcano verofimili , dee metterle come lo fa- rebbe la natura 5 e non altrimenti. Ora che infe- gna la natura fu tal propofito agli uomini appaf- fionati ? A non nfar di comparazioni dirette 3 a non fermarfi fu tutti i punti di convenienza , a non efaminar ogni menoma relazione. Ciò s' ap* partiene più tofto allo fpirito tranquillo , che alla paffione , la quale occupata unicamente di fé , no» vede gli altri oggetti fé non fé alla sfuggita . Al^ lorchè fento una perfona incollorita , che parlati» do di fé , prorompe :
Orfa nel fen piagata ,
Serpe , che è al fuol calcata f
Tigre , che ha perfo ì figli ,
Leon , che aprì gli artigli
Fiera così non è • Io eonofco per cotali fimilitudini proferite cóm
quella
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quella brevità ed energia un uomo dallo fiegno fortemente comprefo . Ma qualora fento Aquìlio ? che immerfo ne* più profondi penfieri mi vien fuo- ri con quefto paragone così circoftanziato e Saggio guerriero antico
Mai non feri/ce in fretta l
Ffamina il nemico
Il fuo vantaggio afpetta &
E gV impeti dell* ira
Cauto frenando va « Muove la deflra e il piede :
Finge , /' avvanza , e cede
Finché il momento arriva
Che vincitor lo fa . Allora io credo afcoltar un poeta, che vuol infe- gnarmi l'arte della fcherma , non già un perfo- naggio occupato in penfieri di qualche impoitanza* Ciò, che dico della prefente comparazione, dico di tutte le altre lavorate di fimil gufto : potranno effe prefe feparatamente confiderai come fquard belliffimi di poefia , ful!e quali un gran m tifico potrà adattare una modulazione eccellente , ma fempre mancherà loro la primaria bellezza , che confifte nella fedele efpreflìone della natura , e nella relazione coi tutto • Orazio mi fuiurra all' orecchio rrj pulchrum efl , fed non erat hic locus « So che a difender Metaftafio , il quale fovente in* ciampa in quefto diffetto , s' adduce da alcuni T e* fempio di Sofocle P e d'Euripide, che ne ufarono
tal-
. 58
talvolta nelle loro tragedie ; ma ( dicafi con co- raggio ) ne Sofocle , ne Euripide, ne Metaftafio lianno autorità , che bafli a diftruggere i fermi , ed inalterabili principi della ragione .
Se non che né comparazioni , ne fentenze , né poefia frafeggiata dovranno aver luogo nei duetti 5 terzetti ec. Ciò farebbe lo fteffo , che ren- der affatto inverofimili tali componimenti , i quali hanno bifogno di tutta la magìa della mufica per effer probabili . Se fi difamina con giufta critica niente v' ha di più ftravagpnte a fentirfi , come ben riflette Diderot , che due , o tre perfonaggi , che parlano alla volta , e fi confondono , dicendo le medefime parole , fenza curarli 1' uno di quanto rifponde queir altro : ciò è contrario egualmente alia urbanità di chi parla , che alla fofferenza di chi afcolta , e però fi sbandirono a ragione dalla tragedia , dove haffi tanto riguardo al decoro • Nullameno confederando, che il duetto lavorato a dovere è il capo d'opera della mufica imitati- va , e che produce fui teatro un' effetto grandifll- mo : riflettendo, che Tagitazion d' animo veemen- te , che ne' perfonaggi fi fuppone , bafta a rendere fé non certa almeno poflibile la fimultanea confu- fione di parole , e d' accenti in qualche momento d' intereffe , la quale pofllbilità bafta a giuftificar il poeta nella fua imitazione : ripenfando , che lo sbandir dal dramma fiffatti pezzi fia lo fleflb , che chiuder una forgente feconda di diletto alle anime
genti-
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gentili; il critico illuminato farà coftretto a c©m« mendarne Tufo non che a permetterlo, avvifando- fi , che nelle belle arti 1' attratta ragione debbe fettoporfi al gufi© , come quefto fi fottopone all' entufiafmo , e al vero genio . V unico uffizio della critica è quello di perfezionarli , riducendoli alla maggiore femplicità, e verofimiglianza* Perchè il poeta drammatico fceglierà per il duetto il punto più vìvo, ovvero. fia, la crifi della paffione , uferà il più che pofla del dialogo nell' aria , che Io precede, farà riftretto ne* periodi , concilo ed animato ne" fentimenti •
Che fé pochi autori hanno oflervate ne'loro fcritti fiffatte diftinzioni * fé fi leggono arie , reci- tativi , e duetti lavorati fu principi diverfi , ciò al- tro non pruova , fé non che pochi autori hanno penetrato nello fpirito dell'arte loro, e che ap- punto veggonfi tanti drammi nojofi , e languidi per- chè non fono flati fcritti fecondo le regole , che prefcrive una critica filofofica .
Dall' efame dei cangiamenti, che dal fuo ac- coppiamento colla mufica nella poefia rifultano , partiamo ora a vedere le mutazioni , che induce la profpettiva , ovvero fia con vocabolo più eftefo la decorazione • L'Opera non è,o non dovrebbe ef- fere , che un preftigio continuato dell' anima , a for- mare il quale tutte le belle arti concorrono , pren- dendo ciafcuna a dilettare or 1" uno' 1' altro dei fenfi • E ficcome dalla unione colla mufica ne fof-
fre
6o fre alquanto la verofimiglianza poetica per la dif- ficolta, che v'ha irei concepire un aggregato di perfone , che agifcono fempre cantando , e che fiffatta difficoltà non fi toglie via fé non tenen- do.occupato lo fpettatore in una perpetua illufio- ne,la quale gì' impedifca dal penfare alfuo errore; così debbefi cercare per ogni verfo di trattene rlo- vi, chiamando un fenfo in ajuto dell' altro , maffi- snamente in qtie' momenti d' ozio , dove non po- tendo la mufica tutta la fua energia rnoftrare , Io fpettatore in nulla occupato ha 1' agio di riflettere a ciò , eh* ei vede • A tal fine giovano la profpetti- va,e la decorazione ora riveftendo i perfonaggi di quella pompa , che 1' occhio invaghifee cotanto , ora /piegando tutte le bellezze della pittura, ora dan- do maggior rifalto alla grandiofità coli' intenfo , e artifizialmente variato chiarore , ora offerendo alla vifta oggetti fempre nuovi , e fempre vaghiffimi nelle frequenti mutazioni della feena . Tutte le quali cofe producono V illufione , non folo come fupplemento della mufica , e della poefia , ma co- me un rinforzo eziandio dell'una, e dell'altra, poiché affai chiaro egli è, che ne l'azione più ben deferitta dal poeta , ne la cempofizione più bella del mufico foreranno perfettamente il loro effet- to , fé il luogo della feena non è preparato qual fi conviene a' perfonaggi che agifcono , e fé il de- coratore nen mette tal corrifpondenza fra gli oc- chi, e gli ©recchi , che gli fpettatori credano di
efferfi
6x
fcfTerfi fuccetflvamente portati , e di veder in fatt- que' luoghi ove fentono la melodìa. Da quai pre- ftigj eglino abbacinati , ed atfaliti , a così dire nelle loro facoltà da tutte le bande veggonfi air improvvifo trasferiti , come Pliche, nel palazzo in- cantato d'amore. La loro immaginazione tutta occupandoli nel godimento , non lafcia il tempo al« la fredda ragione di riflettere fé ciò , che vede , fia vero o falfo ; V immagine dei luogo , che fi K^a prefente , feguita a mantener V illufione quando più non s' afcoltano i fuoni , e la grand' arte com- binata della unifica, e della pittura confitte nel mantenerlo nelF errore coftantemente . Guai fé ca- de il velo dagli occhi ! Guai fé i critici vengona a dettarlo dal fonno !
Qu il mctucLìroit le jour , oh , fon ame ìnfensec Perdit V heureufe erreur qui chxrmoit fa pensée ! In una parola lo fcopo del melodramma è di rap- prefentare le umane paffioni per mezzo della me- lodìa , e dello fpettacolo , o ciò , che è lo fteifo , t intere/Te e 1' illufione . Il buon gufto, e la filoso- fia debbono. tutto fagrificare a quefti due fini, e ficcomegli uomini radunati in focietà rinunziarono alla metà de' fuoi diritti perconfervar illefa 1' altra metà ; cosi il poeta purché confervi , ed accrefca i dilicati piaceri del cuore, e della, immaginazio- ne , purché dia campo alla mufica d'ottener com- piutamente il fuo fine , non dee imbarazzarli gran fatto dei cicalecci dei critici , che gli fi oppongo- no ,
6% no . La prima legge dell* Opera Superiore ad Ogni critica è quella d' incantare , e di iedurre .
Quindi, effendo neceffaria per l' illufione la ra- pidità, e la prontezza dello Spettacolo, (altri- menti colla lentezza lo fpettatore s' accorgerebbe di effere flato ingannato) l'unità, di fcena , che s' opporrebbe air una , e all' altra , è bandita per fua natura dal dramma. Non è del tutto certo fé Ila ben fatto neila tragedia il mantener Sempre la fiefsafcena, atrefo che la premura di confervar la verofimiglianza in una cofa, è la cagione, che venga violata in molte altre , mancandoli fovente al decoro , alla verità , ed al coftume per far che tutti gli avvenimenti accadano nel medefimo luo- go . Siccome yedefì in alcune tragedie dei Greci , in quelle di Seneca, e più nei moderni Greciftr dal Triffino fino a! Lazzarini . Ma egli è fuor di dubbio nel melodramma, dove Siffatta unità ap- porterebbe molti inconvenienti oltre gli accennati della tragedia . Abbiamo detto , che la poefia debbe eìTer variata , che dee parimenti yariarfi la mufica in guifa che le Umazioni lì fuccedano rapidamente T una all' altra , paffando dall' affettuòso ali' im- maginativo, e dall' efpreffivo al pittorefeo , coli- che tutto fia movimento , e azione. Ora cotal fine fi diftruggerebbe <» fé ciò 3 che lì vede , folle in contradizione con ciò che fi ftnte , fé godendo T orecchio della varietà fucceffiva de' fuoni , V oc- chio Solfe condannato all' uniformità collante de*
mede»
medefiml oggetti , e fé obbligammo Io fpettatore a fentire una mufica di guerra negli appartamenti d' una fanciulla , o un* arietta d* amore in an cam- po di battaglia •
E qui ci fi affaccia un dubbio importante , che conviene dilucidare , il fapere cioè , fé alla inter- na coftituzione del dramma convengano più gli argomenti tratti dal vero, oppure i maraviglio'!! cavati dalla mitologia , o dalle favole moderne • Il motivo del dubbio sì è , eh' eifendo V Opera , ficcome fi è veduto , un componimento fatto per dilettare l'immaginazione, e i fenfi, pare che ad ottener un tal fine fiano più acconci degli altri gli argomenti favolofi , ne' quali il poeta , non ef- fondo obbligato allo fviluppo ftorico de' fatti , può variare a grado fuo le fituazioni , può elfere più rapido ne* pafTaggi , e può accrefeere , e foltener meglio T illufione , fomminiftrando air occhio mag- gior copia di decorazioni vaghe, nuove, e rxiara- vigliofe . Innoltre , dovendofi efcludere dalla uni- fica tutto ciò 3 che non commuove , e non dipinge , e dovendofi in efla sfuggire le fituazioni , ove F a- nima rimanga , per così dire, oziofa , fembra , che ciò non s* ottenga così bene negli argomenti di ftoria , ne* quali la verofimiglianza feguitandofi principalmente , ci entrano per neceffltà difeuffio- ni, moralità, ed altre circoftaaze , che legano un accidente coir altro , e che foftituifeono la lentez- za alla paffìone « O ci converrà dunque affrettar
di trop»
44
Ai troppo gri avvenimenti , © fi cadrà nel languo- re . Tali fono a un dipreffo le ragioni , onde fi To- po m'ofli i Signori d' Alambert (a) , e di Marmon- tei (b) a dar la preferenza air Opera francefe , do- ve regna il maravigliofo full' italiana , dove regna il vero comunemente.
Ad onta della mia ftima per così chiari fcrit- tori ardifeo di slontanarmi dalla opinione loro , tanto più che la trovo appoggiata filile falfe no- zioni , eh' eglino ci danno dell' Opera . Prejfo di noi , dice il primo , la commedia, è lo fpettacolo del- lo Jjiriro: la tragedia quello dell9 anima : V Opera quello de' (enfi \ L Opera , dice il fecondo , non è che il maravigliofo dtlV Epica trasferito al Teatro • Ma * le mal non m'appongo, in ninna delle anzidette cofe e polla la natura del dramma in mufica » Non nella prima, imperocché quantunque l'Ope- ra debba parlare si fenfi , quefto non è fé non ini fire fecondano per arrivare al principale, il qua- le c^nfifte nel penetrare addentro nel cuore , e intenerirlo . Il fine ultimo della tragedia, e deli* Opera è dunque lo fteifo , ne fi diftinguono fé non pe* i mezzi , che vi conducono : quella per lo fviiuppo più circofianfciato de' caratteri , e de- gli affetti , quefta per li preftigj della illufione , e della meiodìa. Altrimenti fé 1 Opera non badaife,
che
(a) Eflfai fur la Ubertè della mufique» {b) l'oblique* Tom. a* ove dell' 0±> era «
6S
che a dilettar i fenfi , in che fi diftinguerebbe da una prospettiva , o da un concerto ? A che giove- rebbe la poefia piena di varietà , e d' interefle , che dee pur eflere il principal fondamento ? Si di- rà forfè, che 1' Olimpiade , e il Demofoonte parlai no meno all' anima di quello , che facciano la Fe- dra , o la Zaira ? Ovvero altro non fono che lo fpettacolo de5 fenfi i caratteri di Tito, e di Temi- cele >
Non nella feconda , imperocché , effendo 1' O- pera un componimento teatrale deftinato alla mo- zione degli affetti , né diftinguendofi dalla tragedia fé non per le modificazioni , che rifultano dal fuo accoppiamento colla mufica , egli è chiaro , che la fua eflenza non è riporta nel maravigliofo dell' Epica 5 il quale ne diftruggerebbe colla inverofimiglianza il principal interefie . Io prendo in quefìo luogo la parola maraviglio/o come la prende il Marmon- tel , vale a dire , per una ferie di fatti , che acca- dono fuori delle leggi fifiche dell' univerfo per la mediazione improvvifa di una qualche potenza fu- periore alla umana fpezie . Ora in quefto fenfo n< n fi può dubitare , che il maravigliofo dell' Epica trasferito al dramma non faccia perdere il fuo ef- fetto a tutte le parti , che lo compongono . Se ri- guardiamo la poefia , niun' artifiziale orditura fi può afpettar dal poeta , quando i prodigi vengono a fraftornare 1' ordine degli avvenimenti , niun ca- rattere ben foftenuto , quando i perfonaggi fono £ chirne-
66 chimerici , ninna pafiione ben maneggiata, quando chi fi rallegra , o fi rattrifta fono le Fate , le Sii- li , i Genj , ed 'altri Efori immaginar], de* quali ignoro le proprietà , e la natura , né la forte loro farà in alcun tempo la mia. Altrettanto varrebbe V intereflarmi per l' idee attratte di Platone , o per T irco-cervo dei Peripatetici (a). Se riguardali la' mufica, poca unità d' efpreffione vi può mettere il compofitore , perchè efTa non fi trova nell'argo- mento, poco interefTe nella melodìa, perchè poco v' ha nel!' azione , e perchè la poefia non è che un teflìito di madrigali interrotti da ftravaganze , la modulazione non è che un aggregato de' motivi la- vorati" fenza difegno . Se fi pone mente alla efecu- zione , niuna cofa più inverofimile , e infiem più difficile ad efeguirfi , che codefli perfonaggi fanta- ftici . Non vi par egli , che V atteggiamento , e le fembianze d* un. Fiume, dell'Aquilone, del Zeffi- ro , della Paura, dei Demonj , e di tali nomi egualmente leggiadri fiano facili ad imitarli > E'
poffi-
(a) II Signor d' A lambert non ha potuto aftenerfi dai confettarlo in altro luogo : Oh la watfembiance n* e/i pas , V intere* ne fauroit s* y tr$uver , au motti; /' interet foutenu ; c*r l* illufion eji 'vanni d' un Tbeatre , ou un coup de baguet- te tran/porte in uà moment le fpelìateur d'une extvemttè del- la terre all' autre . Liberto della mufique parag. 13. Ora eflfenJo tali perfettamente i drammi di Quinaut , confef- fo di nrm vedere com: V iJJultre autore li preferifea a quelli del Metuitafio.
67 potàbile trovar i gefti , e il linguaggio , che s' ap~ partiene ad effi ? Un veftiario , una conciatura di tefìa , che divenga lor propria ? Dove ne trovere- mo i modelli > Dov' è la regola di comparazione ? onde pofflam giudicare dalla convenienza , o dif- convenienza ?
Effendo dunque gli argomenti maraviglio/! fot- topofti a tanti diffetti , ragion vuole , che fi deb- bano ad efG preferire gli fiorici . Né non è già vero , come pretende il Marmontel , che quefti non fomminiftrino- al Decoratore abbondanza di fpettacoli nuovi , e brillanti . Se non vi fi vedrà . sbuccar all' improvvifo una Furia , ne fi vedrà vo- lar per T aria una Sfinge, un Caftello , che com- parile , e poi fi dilegua : fé un Sole non. fi pren- derà il divertimento di ballar tra le nugole , con altre famigliami fìrambezze folite ad ufarfi nelle Opere francefi , non è per quello , che non abbia in elfi un gran luogo la profpettiva , rapprefen- tando ameni giardini , mari tempeftofi , combatti- menti terreftri 3 e navali , bofeaglie , dirupi , tutto in fomma il maeftofo teatro della natura confide- rata nel mondo fifico : fpett'acolo affai più vario , più dilettevole , e più fecondo di quello , che fia r univerfo ideale fabbricato nel cervello de* mito- logi , e de' poeti . Ne ci è pericolo altresì , che il- languidifca la muficale efpreiiione , purché V auto- re fecondo le regole ftabilite di fopra fcelga nelle ftorie argomenti pieni d' affetto , e d' intereffe sfug-
« ■ • E 2 gendo
óS gendo le particolarità , che nulla lignificano : anzi il dover rapprefentare gli umani eventi, che il mu- fico ha tante volte veduti , o de' quali almeno può fòrmarfi una giufta idea 3 gli farà di un ajuto gran- diffimo a vieppiù internarli nella paflione , e a pe- netrare più addentro hell5 animo dell'uditore, co- me ii dover dipignere eziandio gli oggetti natura- li , che fono fotto gli occhi di tutti , gì» darà più moffa, e coraggio a deliramente imitarli. Dalche fi vede , che febbene il pittore pochiffimo, o niun giovamento ritragga dal mufico , non è piccolo quello , che il mufico può ritrai* dal pittore. La ve- duta di una fcena ben decorata , la vivacità , e la forza degli oggetti efprefli da lui rifcalderà mag- giormente il genio del compofitore . Non folo s' li- ei irà fortir dalla orcheftra più minacciofo il fragore della tempefta , che il decoratore avrà fui teatro maeftrevolmente dipinta , non folo gli finimenti renderanno più fpaventevole V ingreflb della grot- ta di Polifemo , ovvero i flutti d' un mare agitato , ma più dilettevole , e più grato apparirà coi filo- ni d' una beila finfonia il folitario bofehetto facro al ripofo , e alla felicità degli amanti: feorrerà più vivace , e più frefeo il rufcello , dove Licida s' addormenta : diverrà più vermiglia V aurora , che prefiede alle tenerezze di Mandane , e d' Ar- bace, e la volta de5 cieli pennelleggiata dalla ma- no d' Aiaccioli , o di Bibbiena parrà fregiarli di azzurro più bello , e comparir più ridente dopo i fuoni dolciflimi d' un Tarsiai • £h$
6$
Che feppur qualche lentezza, o qualche mo- mento oziofo , dove la mufica non campeggi , fi mifchia ne' drammi tratti dal vero , ciò prova fol- tanto , che non tutte le fituazioni fono egualmen- te fufcettibili del medefimo grado di paffione , che la mufica dee talvolta piegarfi all' uopo della poe- fia in attenzione ai molti facrifizj , che fa quefta in grazia di quella , e che fi richieggono degli inter- valli , ne' quali il poeta abbia luogo d' intrecciar fra loro gli avvenimenti , e V uditore , e il mufico di refpirare , per così dire , dalla troppo viva commozione , che defterebbefi da una melodìa con- tinua . Le quali circofìanze fono le flefìTe non folo per gli argomenti fiorici, ma pei favolofi ezian- dio , che non vanno efenti da fimili diffetti , come fi potrebbe far vedere coli' efame imparziale dei drammi di Quinaut, fé V opportunità il richiedere. Io convengo coli' illuftre autore , che non ogni argo- mento di floria è proprio dell'Opera, ficcome non è improprio ogni foggetto favolofo . Si dee fchivar in quello il lungo raggiramento : fi può ammetter quefto qualora la favola mefcolata di ftorica narrazione , e per lungo corfo de' fecoli fino a noi tramandata , abbia acquiftato una fpezie di credibilità , che la fpogli dall' inverofimile ri- buttante . Tali farebbero a un diprefl© Euridice ed Orfeo , la definizione di Tebe o di Troja , Te - feo ed Arianna , Ifigenia in Aulide con altre fimi- li . Ma il voler bandire dal dramma muficale la
E 3 verità
70 verità per fottituirvi il piano adottato da Quinaut , avvilir 1' Opera italiana per innalzar la francefe , è lo fletto , che voler imitare il cottura e di que' popo- li della Guinea , che dipingono neri gli Angioli , perchè ftimano , che il fommo grado della brutezza confitta nel color bianco .
Riandando le cofe anzidette , polliamo a mio parere determinare in che confitta il vero carattere dell' Opera • Efia è la rappresentazione fui teatro di qualche azione diretta al gran fine di giovar dilettando : utile dulci . V azione rapprefentata può efler triviale come nella commedia ,o grande come nella tragedia: quindi la distinzione dell'Opera in feria , e in buffa . Ma quello , che non ha di comu- ne né coir una ne coir altra , sì è il dover appagare non folo il cuore , ma anche 1' orecchio , e V imma- ginazione ; onde non può fcompagnarfi dalla poe~ ila , dal canto , dal fuono , e dalla decorazione . Da tale accoppiamento rifulta un tutto drammati- co , che ha le fue leggi privative , e peculiari , co- me le hanno la tragedia, e la commedia* Cotali leggi ingenerale fono: Per il poeta : Primo : efami- nare attentamente 1' indole della mufica : Secondo : conofcere le relazioni di quefta colla lingua in cui fcrive : Terzo : affoggettar alla mufica la lingua e la poefia . Per il mufico • Primo : conofcere il vero genro della lingua, e del verfo . Secondo: faperhe trar vantaggio dall' una ,. e dall' altro, a prò della tìiodulazione. Per il decoratore giovar alla Muflo- ne
71 ne , difponendo la profpettìva fecondo il piano fia- bilito dagli altri due . Ma dove la unifica non vi fi opponga , il poeta è tenuto a guardar i fuoì dritti alla poefia , e al teatro, e l'abilità di lui confifte nel combinar le cofe in maniera , che di- venga il compagno , e non lo fchiavo del compofito- re . Se quefti il coftrigne talvolta a rimettere in al- cuni punti della feverità teatrale , non perciò vien egli difpenfato dal badare alla verofimiglianza , al decoro, al coftume , ai caratteri , all' unità, d'azio- ne , e di tempo , ed alle altre leggi univerfafi a qualunque fi voglia compofiziohe drammatica, e la mancanza di quefte non è men viziosa in lui di quello , che fia nel tragico , e nel comico . Anche in quelle occafioni , nelle quali gli fi comanda, o gli fi permette di piegarfi all' uopo della unifica , non debbe portare il comando o la licenza fino all' ec- cello , ma fin là foltanto dove il richiede il fine propofiofi . Si vuol da lui che sfugga gli argomenti troppo lunghi , o troppo complicati , ma non già che ne intrecci una ferie di fcene difunite, e fenz' alcun difegno. Gli f\ permette Tufo delle comparazioni, e dello ftite lirico drammatico , ma gli fi raccomanda d^ ufarlo con fobrietà , e di confultar prima la verofi- miglianza . Non dee fiar attaccato alla unità di fcena , ma non dee trafcurarla a fegno, che ad ogni fcena vi fia un cangiamento , o che gli fpettatori vengano trafportati ad un tratto da Pechino a Madrid , o dall' Èrebo all' Olimpo :
E 4 In
7*
In vitium ducit vitti fuga . • • . In fòmma il poeta drammatico abbia pur fiffo nell* animo , che il buon fenfo vuol effere da per tutto rifpettato^ e che gli fquarci più vaghi d' immagi * nazione , e d' affetto non difendono un autore dal- la cenfura quando va contro ai dentami della ra- gione. Chi fu più gran poeta di Quinaut ? Chi più di lui tra i francefi è ricco d' armonìa , di nu- mero , di colorito , di genio , d' immagini , in fomma di vera poefia? Eppure per non aver con- sultato il buon fenfo nell'orditura de'fuoi drammi fu pofto in ridicolo da Boeleau (a) .
Dalle leggi generali ftabilite di fopra relati- vamente alla interna coftituzione del dramma fi deducono molte altre in particolare , fpertanti alia natura delle parti , che Io compongono . Ma molte di eife fono fiate di già accennate in paifando , altre fi ricavano facilmente da' principi propoiti , altre fi toccheranno nel feguito di queft, opera - Baiti, per ora il fapere , che dal complelTo di tali regole nafce una differenza effenziale tra il melo- dramma , e gli altri componimenti teatrali affai diverfa da quelle , che fono fiate aflegnate finora dagli autori. Non confifte, ficcome vogliono alcu- ni, nel numero degli atti , poiché può darfi un'O- pera bellifilma divifa in cinque atti , come in tre
o in
(a) Un A ut eur fans defaut: La tai fon àit Vivgile ? e la rime Quintut*
)
75 o in due. Non nel carattere del protagonista , poi- ché non fi vede qual diverfità eifenziale palli tra elfo, e quello della tragedia , e della commedia 5 ne come gli affetti , che fvegliar mi debbe il pri- mo, fi differenzino dagli affetti, che fvegliar mi debbe il fecondo . Ne tampoco nella fcelta degli argomenti favolofi a preferenza dei veri, poiché,, come abbiamo veduto di fopra, gli argomenti tratti dalla ftoria s* adattano egualmente bene , anzi meglio che i favolofi alla natura dell' Opera • Non finalmente neir efito trifto , o lieto della fa- vola , potendofi tanto nell' uno quanto nell' altro cafo accoppiare una eccellente poefia ad una uni- fica bellifllma » Parlafi qui dell' Opera feria non della buffa, nella quale vuolfi , come nella comme- dia , giocondo fine . Ne veggo perchè il Catone in Utica farebbe men pregievole fé il protagonista s' uccideffe in prefenza degli fpettatori di quello che fia facendo altrimenti • Le ragioni , che s' ar- recano da alcuni , fono di poca , o niuna confeguen- 2a5 oppure, s' hanno un qualche valore, l'avreb- bero nella tragedia egualmente , dove però fi vede praticato con evento felice dai più gran poeti l'aifo di far morire i perfonaggi in teatro . Può addurfi all' incontra T efempio collante dello Zeno , e del Metaftafio , i quali hanno terminato tutti i loro drammi con lieto fine • Ma fiffatta ufanza ebbe origine da tutt' altro che dalle leggi fonda- mentali del componimento . V Imperadore Carla
74 VI. cui P Italia è debitrice in gran parte della Aia gloria drammatica , era uno di qufe* Sì* gnori , a' quali non aggradavano gli fpettacoli fan- guinarj , volendo, che il popolo tornafie a cafa, contento dal teatro .(a) . Quindi il fuo gufto parti- colare divenne una legge prima per lo Stampiglia ? indi per Appoflolo Zeno , e ultimamente per Me- taftafio , tutti poeti della corte . Suponghiamo , che Carlo VI. avefle avuto genio contrario , que' poeti per fecondarlo avrebbero fatto andare tutti i loro componimenti a trifto.fine, e dall' efempio loro fi farebbe cavata una regola inviolabile pe' i fuoi 'fucceflbri . I critici avrebbono allora ciccalato al- trettanto per provar , che V efito infelice era eflen- ziale air Opera , quanto fanno ora per provare r oppofio . Cosi avverrà fempre che la critica an- derà fcompagnata dalla filofofia.
Il Lettore avrà riflettuto , che in quello ra- gionamento fi è parlato dell' unione della poefia , mufica , e prospettiva , attefo lo fiato in cui fi trovano attualmente preffb di noi quefte facoltà , fenza pretendere d' applicar le ftefle ofiervazioni a qualunque unione poffibile . Il diverfo genio della mufica , della lingua , e della poefia in una nazio- ne 3 le coftnmanze, e i fini politici poflbno indur- re cangiamenti tali., che gli fpettacoli abbifognino d'altre leggi, e d'altra poetica. Quindi è, che
poco
«>ìm.mM.i »... ii i ■■»■■ ii i . i ■ ii ili ni ■ ..ii mtmmmmm*
{a) Grimm : Difcours Cut le poeme liri^ue.
1%
poco fondata mi è fembrata mai fempre la raflb» miglianza , che alcuni hanno pretefo di ritrovare fra il noftro fiitema drammatico lirico , e quello degli antichi.
CAPITOLO SECONDO.
Ricerche full9 attitudine della Lingua Italiana per la tnufìca dedotte dalla fua formazione 9 e dal fuo meccanifmo . Caufe politiche t che hanno contribuito a renderla tale .
LAfcio da banda il qtiiftionare intorno all'orisi* ne naturale delle lingue , ricerca importanti!'- fima nella ftoria dello fpirito umano , ma , come tutte le altre della metafisica, coperta di nebbia foltiffima , ove la religione non ci ajuti a diradar- la • Lafcio le liti intorno all' origine particolare del linguaggio Italiano , fé fi parlafse originaria- mente dal volgo a* tempi de* latini , o fé tutto debbafi al corrompimento della romana favella dopo le invafioni de' barbari . Lafcio finalmente a gli altri le liti circa V introduzione della rima nella poefia moderna , quantunque molte cofe po- trebbono forfè in mezzo reccarfi contro alle opi- nioni più ricevute degli eruditi , e mi reftringo ad efaminare foltanto i vantaggi , che ha la lingua
ita-
taliana per la mullca : circoftanza , che più d'ogni altra cofa ha contribuito air incremento di efla % ai progredii della pocfia drammatica, e allo fpl eli- dere di codefto leggiadri (fimo ramo della italiana letteratura . Il che tanto più volentieri efeguirò quanto più opportuna Comprendo effere fiffatta in- veftigazione alla facile intelligenza dì quanto dovrò in apprelTo narrare , e più fcarfamente del bifogno veggo trattarli dagli fcrittori italiani un sì ampio , e sì intereifante argomento. Ma tale è la difgra- 2ia di quelle facoltà, che chiamanfi di genio, e particolarmente di quèfta. I profefibri , che hanno tutta l'anima nelle dita, ftimano che altre cogni- zioni non vi fiano d* apprendere nell' arte loro fuor di quella di peftar il cembalo, e di feguitare r ufanza . I filófofi paghi di fignoreggiare fra le al tifimi e teorie del mondo delle attrazioni appena £ degnano, di {tendere all' efame di alcune quiftio- ni , dallo fcioglimento delle quali rifulta la perfe- zione delle arti di gufto : come fé l'innocente, e ficiiro diletto, che può ritrarfi da effe , fi a un trop- po piccolo frutto per 1' uomo , la di cui vita è s* breve, e i piaceri sì fcarfi , o come fé foffe un miglior ufo de' preprj talenti, l'applicarli all' in- veftigazione di certi oggetti , i quali la natura ha baflevohnente moftrato di non voler che fi cerchi- no , o togliendoci affatto la poffibilità di conofeer- ìi , o rendendoci inutile la cognizione di e/fi dap- poiché fi fono faptiti .
Affina
77 Affinchè proceda con precifione il difcorfo d'uopo è fcomporre la quiftione ne' fuoi primi ele- menti , e rifalire fino alla fórgeiite , efponendo on- de tragga origine la maggior, o minore attitudine delle lingue pel canto . La voce considerata in fé fletta non è altro, che l'aria fofpinta in fu dai pol- moni, la quale introducendoci pel canale, che fi chiama trachea y indi affottigliandofi per la fef- fura della glottide , e nella cavità della bocca rt- percuotendofì , tkt poi dalle labbra formando un romore , o fuono inarticolato . La parola non è che il fuono medeflmo quando nel fortir dalla boc- ca riceve due modificazioni di genere diverfo , che articolato lo rendono . La prima modificazione è quella , che forma le lettere vocali , e coniale nella maggiore , o minore apertura della bocca nel preferir certi fuoni , rimanendo le labbra , la lingua, e i denti in una lunazione fi:fa , e per- manente feaza toccarli infierite ; dalla qual perma- nenza ne fiegue , che il ripofo della voce ne' det- ti fuoni non meno che gli alzamenti , e gli abbaf- famenti di effa, poffono effere più o meno dure- voli, fecondo che più o meno dura 1' efpirazione dell' aria , che efee dai polmoni . Altaiche tutte le regole , che li danno per. li accenti , e per V in- tonazioni appartengono principalmente alle voca- li , anzi non cadono che fopra quéfte. L' altra modificazione , che forma le lettere confoaanti , fi fa, qualora, paifando gli organi della bocca dalli
loro
73 loro pofizione fifla ad un'altra momentaneamente variata , agifcono V imo fopra P altro con qualche moviménto , battendo la lingula ne* denti , o nelle labbra, o quelli fcambievolmente contro a quella « Le confonanti adunque non fi pronunziano fé non coli* ajuto delle vocali , laddove le vocali fi profe- rirono fenza V ajuto delle confonanti , ma ac- coppiate con effe fervono a diftinguere più efatta- mente lefillabe dalle parole, e dall'accoppiamen- to, ed ordine loro fi forma poi la fintaffi , e il difcorfo . I vari climi, diverfificando le paftioni, e i bifogni , e confeguentemente la maniera di ligni- ficar le une , e gli altri, rinterrando, o fcioglien- do gli organi deftinati alla voce, e modificando- li a mifura del caldo , o del freddo , influifcono prodigiofamente full a formazione delle lingue . Quindi la varietà , e 1' indole di effe mifurata , a co- sì dire, fecondo i gradi di latitudine, o di longi- tudine geografica . Ma di ciò , come ancora delle. cagioni morali , che contribuifcono ad alterar i linguaggi , fi farà di propoiìto più ampiamente difcorfo in un faggio filofofico full' origine della efprcffione poetica , e muficale , che da chi fcrive il conferva inedito»
Dal primo femplici.ffimo rifleffo intorno alla formazione delle vocali , e delle confonanti rifili- ti;, che la lingua più a proposto per. il canto farà quella : Primo : che conti maggior numero di vocali, perchè facendoli in effe le permanenze
delia
79
della voce , farà maggiore il numero delle intona- zioni, e per conferenza degli elementi del can- to : Secondo : che impieghi maggior numero d' in- fleffioni diverfe nel proferirle , perchè ogni inflef- fione diverfa nella pronunzia apporta feco un nuovo tratto di efprefflone nella melodìa . Terzo : dove la pronunzia di etfl fuoni fia più decifiva , e marcata , perchè ivi avrà più forza 1* accento > e più fenfibile renderai!! il valor muficale delle no- te . Quarto : che non ufi nelle parole di troppo rincontro di lettere confonanti fenza V interruzio- ne delle vocali , perchè tardandoti troppo nel prof- ferirle , la mifura fi renderebbe lenta ancor e(Ta , ed imbarazzata , e perchè coftretto il compofitore a efcludere molte parole , come difadatte alia ef- preffione , s* impoverirebbe di molto il linguaggio muficale . Quinto : dove il pafTaggio di parola in parola fia più fpeditp , e corrente , perchè ciò contribuire non meno alla dolcezza della lingua , che all' agevole collocazioni delle note • .
Ma i fuoni della voce fono inconmenfurabili , Vaie a dire, non fi diftinguono fra loro per in- tervalli perfettamente armonici , né poffono mifu- rarfi per alcuna delle note, che entrano nei noltri fiftemi di mufica . Il canto è quello , che li deter- mina , dando loro un valore , e una durazione efprimibile per alcuno dei fegni muficali . Ma cofa è egli mai quefto canto ? In che fi diftin- guc dalla favella ordinaria ? Quali mutazione
divcr-
8o
dìverfe da quelle del parlar comune induce negli crani filici della voce? Io lafcio volentieri agli altri quella ricerca, che non è erettamente ligata col mio argomento, e che apprenderli non potreb- be fenza troppo apparato fcientifico . Mi conten- terò d' offervare , che in qualunque fentenza , a cui ci appigliatilo , (né trovali alcuna, che alla propofia quiftione in ogni fua parte rifponda ) il canta- ^t-diflingue Specificamente dalla voce pe'i feguenti caratteri . Primo : per un certo ondeggia- mento della laringe , ovvero fia della fommìtà deli* organo deftinato alla refpirazione , la cui potìzio- ne li muta , alzandoli , o abbaffandofi ne' divertì tuoni . Secondo : per le ofcillazioni reciproche dei ligamenti della glottide , i quali or s' incres- pano , or fi rallentano a guila delle corde mufica- ii ne' divertì toni grave , ed acuto • Terzo : per la volontaria dimora della voce nelle rifpettive vocali del dilcorfo fecondo tali determinati intervalli, che fono quelli, che s' efprimono nella mutìca coi nomi di feconda, terza, quarta, quinta ec«
Da tali differenze introdotte dal canto fi feor- ge ancora quali proprietà il richieggano oltre le accennate di fopra in un linguaggio acconcio a tal fine. Non debbe avere pronunzia gutturale nelle confonanti , perchè nafeendo cotal diffetto da troppo afpra percuffione nell' apertura della glot- tide 5 lìifatto percuotimento nuoce alla nettezza, e leggiadria del fuono, il quale non dee aflbttiglia-
to
to nella guìfa che fi richiede . Non dee averla nafale , perchè facendoci una rifuonanza troppo confusi nella cavità della bocca , e delle narici , il faono ss offufca , e V accento perde molto della fua chiarezza, Debbe altresì efler priva di fillabe, o vocali mute , fulle quali , non potendo la voce far le fae poggiature a cagione , che non fi pro- nunziano , i paflaggi s' intorbidano, e la mifura muficale s' imbroglia , perchè bifogna notarle quan- tunque s' ommettano nel difcorfo , dalche nafce , che le note di rado o non mai vadano d' accordo coli' intonazione, come fpeffb adiviene nella unifi- ca francefe • Non ha d' avere dittonghi di fuono indeterminato , e confufo , perche non avendo effi un valore determinato nella pronunzia , non pof- fono né meno riceverlo dalle note , le quali non hanno in tal cafo , che una efpreflione infignifi- cante . Facili dovranno eflere le articolazioni , le fillabe nettamente divife , le parole piene di lun- ghezza giufta , che non aflbrbifcano , a così dire , tutto il fiato al cantante , ma che gli lafcino il tempo di profferirle intiere fenz' efler coflretto ad affrettar di troppo i ripofi fulle vocali . Altre qua- lità dovrebbe avere eziandio , delle quali farò pa- rola in appreffo «
Ora fé alcuna lingua d' Europa riunifce tutte $
o la maggior parte delle doti accennate , eifa è
l'italiana ficuramente . Per chiarirfene d'altro non
abbifognafi* che di farne T applicazione • Il nume-
E ro
ro delle fue vocali è uguale a quel'o delle pia belle lingue dei mondo la greca, e la latina, e febbene non le adegui nel numero de* fuoni ado- perati nel profferirle , tuttavia è affai ricca anche in quefti , diftinguendo molto bene il fuono , che corrifponde all' a femplìce da quello , che corri- fponde air a con afpirazione , V i breve dall' j diftefo , l'è, e P 0 aperto, chs equivalgono ali* eia , e all'omega de* greci dall' e, ed o chiufo , che raffomigliano all' e breve , e all' omicron e Ne minore fi è la varietà di proferire le lettere con- fonanti , poiché , fecondo le offervazioni 4^1 Buon- mattei {a) , da venti foli caratteri 3 che s'annove- rano nel tofcano alfabetto fi ricavano nella pro- nunzia più di trentaquattro elementi . Le quali di- verfità non vengono comunemente notate nella Lombardia , ma fono principaliffime preffo a' tofca- ni , come fi vede negli autori loro , ed io ho non poche fiate offervato . E maggiore , e più copiofa ricchezza in quefto genere avrebbe il linguaggio! italiano , fé i nazionali da cieca venerazione fof- pinti verfo i tofcani , quantunque appoggiata fd ragionevoli fondamenti , non fi foflfero lafciati im- porre un defpotico giogo di tribunale , e di lin- gua , per cui vien tolta ad effi la facoltà di pre- valerli di tanti modi leggiadri di proferire , di tan- ti fuoni, ed accenti diverfi , che s' ufano ne' mol- teplici ,
(a) Delia lingua Tofcana lib. i. Trat. 3. cap. 19»
83 tepllcì ; e varj dialetti di quefta penifola. Né fono molto lontano dal credere , che fé di comu- ne confenfo della nazione {qvìq facefle una fcelta ; giudiziofa di fiffatte maniere , la quale poi avva- | lorata veniffe dall' ufo di fcrittori egregj , e di I cantori braviffimi , la mufica ne acquifterebbe un pregio maggiore affai di quello, che attualmente poffegga , udendoli ora l'accento molle de'fanefi, che appena toccano a mezzo fuono le vocali , e rendono alcune confonanti preflbchè infenfibili mafllmamente nel fine : ora l' intenfo, e veloce de' napoletani , che fquartano , a così dire , le fillabe colla loro larga pronunzia , che farebbe perciò opportuniflìma a' canti guerrefchi , e viva- ci : ora la foavità, e la grazia del veneziano per la copia delle vocali , e per la preftezza nel pro- ferirle atto all' efpreffione della voluttà : ora la chiarézza , e fonorità del romano, che alle gravi , e feriofe melodìe mirabilmente fi confarebbe • Il dialetto bolognefe ( checché ne penfi in contrario Dante , o chiunque fia F autore dell' antichi/fimo libro della volgare eloquenza) il genovefe , il ro- magnuolo , il piemontefe con pochi ^Itri di niun giovamento farebbero alla mufica pel duro , e fre- quente accozzamento di confonanti , pe' i fuoni of- curi , offufcati , ed ambigui delle vocali a per la fintarti mal definita, e per altre caufe .
La collocazione delle confonanti non può ef- fere più opportuna, non eflendoci alcuna fillaba , F % j che
S4
che contenga più di quattro , ne trovando^ tre in feguito fenza Y ajuto di qualche Semivocale , che temperi la rozzezza del fuono. E i paffaggi da una parola in un' altra fanti con agevolezza gran- di/luna , attefo che tutte le dizioni , fiano nomi fia- no verbi , terminano in vocale 5 eccettuati alcuni Hìonofillabi , come fur , in 3 con 3 o quando per ac« crefeer forza al difeorfo, per ifchivar le troppe elifioni , o per terminar più fpeditamente il perio- do in una cadenza fi troncano in fine alcune vo- cali , come finor , fedel , da finora fedele . Siffatte de- finente in vocali, e P abbondanza di effe , oltrac- chè fpefieggiano le dizioni , moltiplicando le eli- fioni , rendono la lingua italiana molle , e dolcif- fima fopra ogni credere • Non so s* altra favella vi fia nella Europa > ove poflano farfi otto verfi paragonabili nella mollezza a quelli del Tallo ** Teneri /degni 3 placide 5 e tranquille Ripulfe , cari vezzi , e liete paci , Sorri/ì, parolette , e dolci fiille Di pianto , e fofpir tronchi , e molli baci ° Fu fé tai cofe tutte , e pofeia unille f Ed al fuoco tempro di lente faci 9 E ne formo quel sì mirabil cinto Ond' ella avea il bel fianco fuccinto , Inoltre la giufta mifura , e proporzione delle pa- role , che più acconcie le rende a ricever il valor delle note , a filTar con efattezza il tempo , e z feguitar il movimento , unita all' intervallo così
propor-
§5 proporzionato , che trovafi ne9 veri! italiani- tra parola e parola , tra illlaba e fillaba , tra vocale , e vocale , tra articolazione ed articolazione , e alla felice mescolanza dalle medefiriie fanno sì , che la poefia italiana , ove maneggiata venga a dovere , abbia una certa evidenza d' armonìa maravigliofa . Chi non fente fubito il muiicale nell' artifiziale combinazione de9 fuoni, che compongono la fé» guente ottava ì
SommeJJi accenti , e tacite parole , Rotti Jìngulti , e flebili fofpiri Della gente , che in un s' allegra , e duole Fan che per V aria un mormorio s9 aggiri y Qual nelle folte feìve udir fi fuole S* avvien che tra le frondi il vento fpiri 9 O quale infra gli fogli , o preffo ai lidi Sibila il mar percolo in rauchi /Iridi • Né dalla dilicatezza , che fcorgefi , in quefti , e fi. mili efempj fi debbe argomentare , come fanno alcuni critici francefi , i quali fi compiacciono di giudicare di ciò, che moftùno di non intendere , che la lingua italiana fia troppo effemminata , e cafcante (a) • Tale farebbe certamente fé gì' italia- ni non avefTero a ciò provveduto col frequente raddoppiamento delle medefime confonanti, come alloppiare , oggetto , il quale , oltre il foftenere che fa la pronunzia 9 ferve a dividere più efatta- F 3 mente
{a) Bomdelat. Hiitoise della mufique Tom. j«
8*
mente i tempi nella muficale mifura , ora batten- do fortemente fu alcune confonanti b , ff, r come arruffa , vibrato , filile quali , principalmente folla prima , i tofcani formano un fuono , eh' io affomi- glierei volontieri al romore , che fanno le penne degli augelli nel tempo , che fpiccano il volo : ora colle frequenti elifioni , che fpefleggiano il rincontro delle confonanti , e danno alle parole una certa afprezza , e gravità , ora colla inverfione della fin- tai , della quale parleremo tra poco . Si paragoni colle precedenti quefta ottava parimenti del Tallo i Chiama gli abitai or dell' ombre eterne Il rauco fuon della tartarea tromba , Tremar* le fpaziofe atre caverne , E V aer cieco a quel romor rimbomba : Ne st Jlridendo mai dalle fupeme Regioni del Cielo il folgor piomba , Ne sì commojfa mai trema la terra Quando i vapori in fen gravida ferra , Si leggano inoltre alcuni pezzi fcelti di Dante 9 e d' Arioso, come fono la morte d' Ugolino, e le prodezze di Rodomonte in Parigi , indi fi giù* dichi fé la lingua italiana ad altro non è buona, che ad efprimere 1' effemminatezza •
Sebbene non ogni evidenza di ftile , non ogni numero , che alla poefia fi confà , farebbe a prò- pofito per la mufica, come alcuni affermano inav- vertentemente . V armonia poetica , e F armonìa muficale, quantunque convengano in alcune circo-
ftanze
37 ftanze genèriche , hanno però delle differenze , alle quali bifogna far avvertenza per non confonderle » Tanto P una quanto P altra confiflono nella con- venienza delle parole, e de' fuoni colla natura dell'oggetto, che efprimono.- P una , e P altra di- pende dalla profodìa della lingua non meno*, che dalla cadenza ritmica del periodo , e da quella di- mensione artifiziale , che cerca gli intervalli , e I ripofi. Ma nell'armonìa puramente poetica cercali fopra tutto la forza de' vocaboli , e P eleganza del frafeggiare : voglionfi parole fcielte , grazie di lin- gua , torni d' efprefsione inufitati , verfi talor ro- tondi talora fpezzati colla fcelta di voci più ru- vide, le quali compofte di maggior numero di con- fonanti elidano il fuono troppo vivace , e fonoro delle vocali, rendendo così la poefia più foftenuta, e robufta . Ne' verfi fatti per ni u fica cercali non tanto la forza determini quanto la relazione, che hanno elfi col canto : per lo che voglionfi parole I compofte di vocali chiare , ed aperte , vuoili un tal collocamento à' accenti , che affretti , o rallen- ti in proporzione il movimento fenza che abbia a inceppare in articolazioni troppo difficili, o in fuoni confuli, dalche ne rifiliti fintaffi più facile, e, a così dir, più fcorrevole, che metta ne' fuoni una opportuna diftanza tra il piano , e il forte , e tra le variazioni , e le paufe della voce* Le lin- gue , e le poefìe più perfette fono quelle , che fanno combinar meglio inlleme codefte due fpezie F 4 d' ar-
88
d' armonìa : onde un giudizio ficuro può rìtrarfi eziandio circa lo ftil de' poeti , e il vario loro ca- rattere. Ed è Affatto carattere muficale, che di* ftingue i verfi di Virgilio da quelli di Lucano , e di Lucrezio, che fa comparir sì gentile il Petrarca dirimpetto al fiero , e rugginofo Dante f che ren- de Metaftafio fuperiore a Zeno , e Frugoni 3 e che mette Torquato Taflb al di fopra di Chiabrera, e d* Ariofto , i quali , e principalmente V ultimo 9 benché ricchi fiano di poetico ftile , benché forni- ti d' altre qualità eccellenti , non fono in quefta parte paragonabili all' autore della Gerusalemme • Il vivace , e pittorefco Signor Abate Bettinelli gran difenfore del poeta ferrarefe (a) dimanda perchè in vece del Chiama gli abitator dell' ombre eterne del Taflb non recanfi in mezzo a provare la robufta afprezza della lingua italiana tante altre ftanze dell' Ariofto ricche d' evidenza , e di fuoho al paro di quella. Io rifpondo, che la efpreffio- ne , che fcorgefi nei verfì del ferrarefe , è più tofto poetica , che muficale , che non percuote foltanto T orecchio ma la pronunzia , e che V accozzamen- to de' fuoni fra le vocali , e le confonanti , di cui fa egli ufo comunemente , è atta bensì a grandeg- giare nell'epica declamazione, ma meno acconcia fi rende pel canto • Mettafi fotto le note il primo verfo di quella ftanza $ che fra le altre s' adduce in prova dal Bettinelli « D9 al-
ia) Opere Tomo y p>
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D' alte querele , d'ululi, e dì flrìda . Quai vaghezza troverà il cantore arrivando al mug- gito fordo di quello fdmcciolo ululi } Quai ripofi 9 o quai gorgheggi netti , e chiari di voce nel cupo fuono di quelle uuu replicate* Quai paflaggio fpedito , e facile neir unione non temperata di tre contenenti in firida ? AH* incontro la ruvidezza di quella del Taflb vieh raddolcita dal concorfo di vocali piene , e fonanti , la difpofizione dell9 a $ e dell' o , oltre Imprimer , che fa , mirabilmente la vacuità , e il filenzio delle caverne infernali , mi* tiga la pronunzia delle rr , e delle tt a bella porta replicate affine di rapprefentare il fuono grandiofodì quella tromba ; il chiarofcuro de' colori vedefi a maraviglia offervato, onde ne rifulta un tutto • che riunifce il colorito alla evidenza , e V efpref- fione poetrca alla muficale armonìa •
Alla dolcezza, ed al collocamento delle paro- le fuccede nell* efame delle qualità proprie pel canto la maniera di mifurarle, ovvero fia la prò- (odia* Ma ficcome a fviluppar bene quefto punto d* uopo farebbe inoltrarmi in ricerche troppo fcien- tifiche , e per confeguenza troppo molefte alla maggior parte de* miei lettori intorno alla natura de* t^mpi , e degli accenti ; così ftimo miglior con- figlio il rimandar coloro , che vorranno fapere più oltre , ai mutici di profeflione , e ai Matematici (a) .
Baili
(a) Veggafi l'origine, pYOgveflo , e decadenza della mufica. di D. Antonio Eximeno Uà. a« cap. 4*
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Bafti per ora il fapere, che febbene la profodia italiana fìa di gran lunga inferiore alla latina , e alla greca , nelle quali la velocità , o lentezza de9 tempi impiegati nel proferire qualunque parola ve- nivano determinate dal valore, e dalla quantità delle fillabe , che formavano la parola ftefla , lad- dove nella favella italiana i tempi del poetico rit- mo non poffòno efattamente determinar*! a cagio- ne, che la maggior parte delle fìllabe non ha quan- tità fiifa , e fenfibile : nondimeno cotal diffetto è minore in lei che nelle altre lingue viventi . Im- perocché ha ella una variazione d' accento che la rende molto a propofito per la formazione de' pie- di : può , per efempio , in una parola di cinque fìllabe , mettendo V accento fu Ha feconda , far brie- vi le trecche le rimangono, come in determinano : può fare lo fteflb in una parola di quattro fìllabe , come in [paventano : abbonda moltifiimo di piedi dattili come florida, lurido, piedi, che molto gio- vano all'armonìa a motivo dell'ultima, e penul- tima breve precedute da una fillaba lunga , circo- ftanza , che più agevole rende la muficale mifura : adatta F accento ora falla penultima , come in bravura , fentenza , ora full' ultima , come in morì 9 bontà, virtù , dalche vario , e differente fuono ri- fu Ita sì nelle rime , che nei periodi , e più facile diviene la poggiatila nella cadenza . Mifura altresì molte parole alla forgia de' .greci , e de' latini, o almeno la pronunzia di effe è tale, che facilmente
potreb-
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potrebbero mifurarfi , ond' è , che può iormare dei piedi il trocheo, come venne fronde , il giambo co- me faro virtù , P anapefto , come gradirò , lo fpon- deo , coxnt fogno 3 e il dattilo, come timido, dal vario accoppiamento de' quali può confegnente- mente imitare dei verfi V efametro , il pentametro ,
V afdepiadeo , il faffico , V adonico , il faleucio 3
V anapefto , e il giambo (a) .
Da ciò ne fiegue , che la melodìa della lin- gua , e del canto italiano è la più viva , e fendibi- le di quante fi conofcano , perocché traendo que- fta nobiliffima parte della mufica la fua origine , e la fua forza dalla imitazione trasferita al canto delle diverfe fucceffive infleffioni , che fa 1' uomo nella voce ordinaria , allorché è agitato da qual- che gran paffione, ed eflendo effe infleffioni tanto più variate , e molteplici quanto maggiore è la varietà degli accenti nella fua pronunzia ; egli e per confeguenza chiarifsimo , che più efprefsiva farà la melodìa a mifura, che la lingua farà più abbondevole , e varia in quefto genere , perchè l' i- mitazione della natura diverrà più perfetta • Che fé alcun m' opponefle , che i vantaggi di fopra in- dicati nella lingua italiana appartengono all' ac- cento profodiaco, e non all'accento naturale, o per dir meglio, patetico affai diverfo da quello , e che in quefto è riporto il principio afcofo della me- lodìa ;
(*) Gravina : Ragionamento fuìla tragedia o. 30.
9*
lodìa ; io rifpondo , che I* accento profod'aco il naturale necefTar»amente confeguita , poiché le re- gole della pronunzia nel proferire le fillabe non fi fono altronde ricavate , che dalla continua offenda- none di ciò , che fuccede in natura , e dai diverfì alzamenti , o abbaiamenti di voce , dalla diverfa rapidità, o lentezza, con cui nell'uomo le paffio- ni fi efprimono : e l'afferire che tali regole nien* te hanno di comune coir accento naturale, o pa- tetico , farebbe ugualmente affurdo , e ridicolo, che il dire , che la mufica ftrumentale ha fondamenti contrarj, o diverfi della vocale. Ogni lingua dun- que , la qmle farà doviziofa di accenti , farà ricca parimenti d' efprefiìone , e di melodìa, come all' oppofto , chi ne fcarfeggia avrà una melodìa langui- da , fredda , e monotona . La francefe fi trova forfè nel fecondo caio, e l'italiana nel primo.
Dal medefimo fonte deriva la bellezza unifica- le 5 e poetica del recitativo italiano , poiché le molteplici, e variate poggiatile della voce cagio- nate dagli accenti , ficcome avvicinano il difcorfo ordinario alla natura del canto per la maggior fa- cilità d* intuonazione , così accontano vieppiù il recitativo alla declamazion naturale , nel che la fua bellezza è a giudizio degli intendenti princi- palmente riporta • Il qual vantaggio non può ave- re la lingua francefe , dove tutte le parole fi pro- nunziano coli' accento full' ultima fillaba ; ond' è che i cantanti per rendere men monotono il reci*
tativo
tati vo loro , e piti gradevole all' orecchio , fi veg- gono coftretti a difcoftarlo dal naturale , carican- dolo di fallì ornamenti. Al che s* aggiugae ezian- dio l'indole de* loro verfi , i quali, effonder dap- pertutto rimati , e dovendo la mufica fare fu ogni rima una qualche paufa , V andamento del recita* tivo divien tardo , nojofo , e difficile • Al contra- rio nella poefia muficale italiana I' accento può li* beramente per quali ogni fillaba /correre , e la na- tura del verfo fciolto permette al poeta di far la -cefura dove più gli torna: confeguentemente il periodo può fecondo il bifogno slungarfi , o accor- ciarli, e può dal compofitore rapidità or maggio- re, or minore ricevere. La lingua italiana h^ dunque un difcorfo , che facilmente divien poefia , ha poefia , che s' avvicina alla natura del canto , ha finalmente il recitativo, che dalla declamazio- ne poetica non molto fi fcoita : del che fommini- ftra una pruova il vedere , che i dranmi dello Ze- no , e del Metaftafio fono ugualmente acconci per recitarli , che per cantarli. Il Signor d' Alam- bert pretende , che fiffatta indifferenza per la re- cita , e per il canto Ila un diifetto nell' Opera ita- liana (a) . To lontano dall' acconfentire al fuo pa- rere porto anzi opinione , che ciò fia un pregio gra "idilfi.no > e maggiore ancor lo farebbe fé la declamazione poetica poteife nel canto intiera-
mente
(4) Liberto della muiùjue n. 13»
94 mente trasfondere così , che la poefia forfè dalla mufica infeparabHe , come avvenne alla lingua greca nel ilio principio . V illuftre Geometra ha dovuto poco dopo convenir egli ftefTo , poiché tr? i mezzi , che da gran maeftro addita per migliora il recitativo francefe , il principale , su cui fi ferma . è quello d' italianizzarlo V italianifer , avvicinan dolo alla declamazione * (a)
Va altro vantaggio della lingua italiana per T oratoria , la mufica 5 e la poefia è la trafpofizio- ne , cioè, quando il collocamento delle parole fi fa non fecondo V ordine naturale delle idee , ma co- me più torna a propofito per la bellezza del pe- riodo , e per il piacere dell' orecchio . A conofcere' quanta grazia aggiunga allo ftile la fola inversio- ne, quando fi fa fecondo i movimenti dell'armo- nìa, bafta offervare i periodi di Cicerone, Y inef- primibile bellezza de' quali diverrà un fuono roz- zo , e infignifkante , un carlavero fenz' anima fol- tantoché fi cangino dall' ordine loro le parole , mettendo fui principio quelle, che fono al fine ovvero fui fine quelle , eh* erano in principio . N^ avviene altrimenti nella lingua italiana . Prendst» per efempio i due primi verfi dell' Arioflo cos poetici
Le Donne 5 i Cavalier , /' armi , gii amori Le cortejie 5 V audaci imprefe io canto*
ognun
(a) Loco cit. n. 21* > e ai.
91
•gaua vede quanto accrefca loro d'armonìa queir io canto meflb in fine. Si pongano le parole fe- condo r ordine analitico
lo canto i Cavalier , /' armi , gli amori Le corte/ie 5 lt Donne , e imprefe audaci • chi vi ravvifa più il pennello dell' immortai Ferra- refe ? Non è per quefto, ch'io approvi 1' inverfione troppo intrelciata di alcuni cinquecentifli fpezial- mente quando è affettata , e lunga , come adivie- ne fra gli altri nello Speroni , nel Dolce , e nel Cafa , i quali ti fanno sfiatare i polmoni prima che arrivi a terminar un periodo : né che non pre- ferite* sì in verfo s che In profa uno ftìle concifo i e pieno di cofe all'abbindolato, e pieno di parole maffimamehte nel genere filofofico , di cui la pre- cifione , la chiarezza, e la difinvoltura fono i principali ornamenti . Ma dico bensì , che la lin- gua , che avrà il vantaggio dela traspofizione farà in uguali oircoftanze progredì più fenfibili nelle belle arti ora per ìa facilità maggiore d' accommo- dar le parole «ai fentimento , onde nafce 1' eviden- za dello itile : ora per la maggior attitudine a di- pignere cagionata dal diverfo giro , che può darli alla frafe , e dalla varietà, che da effb ne rifatta, onde fi sfugge la monotonia , e il troppo regolare andamento : ora fchivando la cacofonìa nel rincon- tro fgradevole delle vocali , o 1' afprezza in quelle delle confonanti inevitabili fpeffe fiate nelle lin- gue, che hanno fintaflì femore uniforme : ora que
ite
p6 Ho medefimo accozzamento a bello ftudlo cer« cando , come lo richiede la foftenutezza , e gra- vità dell' oggetto : ora facendo opportuna fedita di quei fuoni , che piò alla mimetica armonìa convengono : ora per la fofpenfione , che fa siafcer nello fpirito lo fviluppo fuccefllvo d' un penderò , di cui non fi fa il rifultato fino alla ime del periodo » Nel che è da ofiervarfi , che le lingue , le quali per confervar rigorofamente Y or- dine analitico delle parole non fannp preparar co- lai fofpenfione , mettono in certo modo la poefia in contradizion coli' orecchio , poiVhè mentre il fentimento dei verfi è completo , quello della mu- fica s che va poco a poco fpiegandofi , non finifce fé non colla cadenza *
Se fofle mio avvifo il diffondermi £a quella materia , molto ancora rimarrebbe a dirfi intorno agli altri pregj dell'italiana favella, della eviden- za delle fue frafi imitative , delle quali fi trovano efempj maravigliofi negli autori, della ricchezza de' termini cagionata del gran numero di dialetti 9 che fono concorfi a formarla , della fua varietà na- ta appunto dalla ricchezza , e moltiplicità delle fue forme , dell' abbondanza di augmentativi , e di diminutivi , che la rendono opportuna quelli per lo itile ditirambico, quefti per l'anacreontico, e del- la pieghevolezza , chje in lei nafee dal concorfo da quelle , e d' altre caufe « Potrebbe ancora farfi ve- dere in qua.1 guifa faì>piar eiFa^congiungere i' ordi- na
91 ne colla vivacità , e colla chiarezza la forza , im- brigliare F immaginazione fenza rallentarne la poiTa , accommodarfi a tutte le intìeffioni , e a tut- ti gli ftili , confervando , ciò non oftante , F indo- le fua propria, e nativa: quanto vaglia a efprimer tutte le paflioni , e a dipigner tutti gli oggetti , e come divenghi Io finimento egualmente dello fpi- rito , della fantafia , e degli affetti . Ma affai fi è detto onde fi conofeano le (uq prerogative per la mufica , e V ingiustizia altresì , con cui par- lano di effa alcuni fcrittori francefi, tra quali il il Gefuita Eouhours colla leggerezza fua folita nel giudicare non ebbe difficoltà di dire : Che è una lingua affatto giochevole , che altro non intende che di far ridere coi fuoi diminutivi , e noti fi 3 che molti di quelli eh' ei nomina non fi trovano fra le parole tofeane : Che le continue terminazioni in> vocale fanno una mufica molto (gradevole quando le principali bellezze della mufica italiana nafeono appunto da quefte : Che la lingua italiana non pub tff rimere la natura 5 e eh* ejfa non puh dare alle cofe V aria , e vaghezza lor propria , e convenevole : Che le metafore continue , e le allegorie fono le deli- zie degli italiani , e degli fpagnuoli ancora : Che le loro lingue portano fempre le cofe a qualche eflremo : Che la maggior parte delle parole italiane , e fpagnuo- le è piena d' ofeurità , di confufione 3 e di gonfiezza , come fé la gonfiezza , e F ofeurità foffero un vi- ario ielle parole 3 e non degli autori : Che i chinefi9 & e quafi
9?
e qua/ì tutti i popoli dell' A/icc cantano , t tedefehi ra~ gliano j gli fpagnuoli declamano , gli ìnglefi fischiano , gli italiani fofpirano , ne ci ha propriamente che i frmcejì \ i quali parlino . Dopo i quali fpropofiti non ci dobbiamo punto maravigliare dello fpiritofo , e leggiadro giudizio , che dà intorno alle tre lin- gue forelle : Cioè che la lingua fpagnuola è una fu* perha di genie altiero , che vuol comparir grande , ama il fafio , e /' cccejfo in ogni cofa • V italiana è una fraschetta , e una vanarella fempre carica d'or- namenti y e d$ belletto , che altro non cerca che pia- cere ad altrui , e che ama molto le bagatelle • L# francefe è una matrona ma una matrona avvenente , la quale , benché favìa , e modefla , nulla pero ha dell9 afpro né del fiero (a) . Chi così parla intendeva egli la lingua italiana né la fpagnuola ? Oppure fi cre- deva a baftanza ricompenfato dal difpregio 3 che meritano dagli ftranieri le fue decifioni coir ap« plaufo di qualche feioperato Parigino (*) ì
Che
(a) Entretiens d'Arifte, e d'Eugenie Dialog. a.
(*) Si permetta ali8 amore della verità, e della pa- tria aggiungere due parole intorno al pregiudUio dì quefto Scrittore fulla lingua fpagnuola ; tanto più che non fi è fermato foltanto in Francia, ma, valicando le alpi ha penetrato ancora in Italia dove fi crede comu- nemeite, che la lingua fpagnuola fia piena di fatto , e di b^ria, in niun modo acconcia ad efprimere la dili- «at.zza , e i8 affetto- Si crede inoltre, che in quafi tut- ta n noftra pronunzia fi fenta la gorgia , e che la maggior parte delle parole £nii~can® in as et os «;, dal-
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Che fé alcun voleffe filosofando ricercare on- de abbiafi la lingua italiana acquietata quella dol» eezza , che sì abile al canto la rende , e da quai fonti fìano derivati i /uccellivi cangiamenti ad effa G x avve-
che troppo frettolofamente fi conch ude , eh* effa non fia buona per accoppiarti colla mufica . Un intiero vo- lume potreboe fcriverfi contro a sì leggiera alTeizione , n:l quale fi proverebbe ad evidenza : Che la pronun- zia gutturale delia noitra lingua fi riduce a tre fole let- tere delle ventiquattro , che compongono 1' alf.tbetto, cioè x g e iota; Che il loro Tuono, quando vien proferito da bocca Caftigliana la fola depositaria fra noi del beilo e colto parlare, è meno afpro, e men rezzo di quello, che fia la pronunzia del popolo più colto d' Italia cioè del fi tentino nel pronunziare il e a , dov'em* fanno affai più fentire la gorbia: Che la freque zj di efTe lettere non è tale, che non pofTì agevolmente fchivarfi , ove fi voglia comporre per il canto : Che appena la terza part.2 delle parole fpagnuole fhifee in confonante , e per ben due terzi in vocale.- Che efle confonanti finali fono le più dolci, e foavi dell* alfabetto , per elempio s d In r^ ove la pronunzia niuno trova, o pochiilSmo intoppo: Che le onfonanti più ruvide, e meno muficaii tanto adoperate dai latini , . ■*! francefi , e dai popoli fé tentrionali , come Farebbero f p t e b k g m II rr fono affitto sbandite in fine delle noftre parole : Che nìun Vocabolo termina con due confonanti in feguito, come avviene agl'inglefi, tedefehi , francefi, e latini: Che pe- rò fiffatta terminazioni rendono la noitra lingua mae- fxofà , e fonora fenza renderla per quefto men bella , come le frequenti definenze in at et 9t non impedivano alti lingua greca dall' effer dolce, e foaviifima : Che
avvenuti dai romani in qua ; potrà egli a mio giu- dizio rinvenirli nelle cagioni feguenti . La prima , che non effendo ftata P Italia né tutta intiera , né lungo tratto di tempo foggiogata dai barbari , la
favel-
quafi tutti i vantaggi in fomma ? chs fono ftati da me ©ffervati nella lingua italiana circa la nettezza de* Tuo- ni , gli accenti, e la profodia fi trovano appuntino nella fpagnuola , come fi vedrebbe da un filolofico, e impar- ziale confronto 3 fé 1' opportunità il richiedere . Tali ragioni non permettono» ch'io acconfenta ali* opinione d' un valente fpagnuolo D. Antonio Eximeno fcrit- «ore d* un' Opera piena di lumi , e di filofofia full' ori- gine, progredì , e decadenza di quell' arte 5 il quale francamente pofpone la lingua fpagnuola alla italiana in quanto alla mufica • A me fembra però, che la lite rimanga affai dubbia efaminandola imparzialmente. I vantaggi fono equilibrati dall'una parte, e deli* altra» Se i* italiana ha la prerogativa ftiniabiiiìfima di finir quid fempre in vocale, la fpagnuola ha l'altra non me- no prègievole d* elfer più varia nelle terminazioni , contandoli in lei da quattro milla in circa maniere di- ¥erfe di finir le parole. Se quella ammette liberamente elifioni , e troncamenti per facilitarne i paffaggi , anche quefta fi mantiene affai meglio colla maeftà , e pienezza che le fonimi niftrano le fue fillabe finali. Se la pronun- zia italiana è più mitigata, e più dolce, quella delle vocali fpagnuole è più fpiccata , e più rotonda. Final- mente fé la noftra lingua* ha confervato alcune definen- te gotiche * onde talvolta fi rende urtante all'orecchio» anche 1* italiana cade più volte nel dirfetto degl* iati j e degli accozzamenti fgradevòli»
Nel far quefta nota non mi sfugge quanto larga ma-
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favella italiana ha potuto confervar i fuoi primiti* vi caratteri meglio delle altre nazioni 3 dove la lingua j e i coftumi non men che la religione, e le leggi hanno dovuto piegare {otto il furore delle conquide , come fi vede nella lingua francefe , la quale altro non è , fé crediamo a* loro autori più illuftri , che un antico dialetto celtico diverfamen- te alterato , e nella fpagnuola tutta impattata dì latino , e di gotico idioma , cui s' aggiunfe dell" arabo non piccola parte . Ora V origine del moder- no italiano non dee tutta ripeterfi dal latino parlare o dal fettentrionale , ma dai rottami ancora della, G 3 lingua
feria di rifo abbia io preparato a' zerbini , e a* fac~ centi italiani; ma non mi sfugge altresì , che i faccen- ti , e i zerbini d'Italia fono, come quelli di tutti gli altri paefi, la più ridicolofa genìa, che panneggi orgo- gliofamente fulla faccia della terra, Me felice / che avrò per compagno nella derifìone, ficcome lo ho nel fenti- mento, un autore, il quale per efifer moderno , e filofofo * e (queho che più importa) francefe ,fpero , che m* ab- bia a fervire di feudo contro a codefti feroci profeliti della moda . Farlo del celebre Alambert , nel quale eili neppur fofpettano, che fi portano trovare le feguenti pa* role .' Una lingua , che abbondajfe in vocali , e fopra tutto in vocali dolci come l' italiana, farebbe la pik dolce di tutte «. EJfa forfè non farebbe la pik armonio fa , poiché la melodìa per render/T gradevole , dee non folamente efier dolce, ma efiet ancora variata . Una lingua , che avejie come la fpagnuola una opportuna mifchianza di vocali, e di confonanti dolci, e font- re, farebbe forfè la più armoniofa di tutte le lingue viventi) e moderne» EfTai fur i* armonie des langues .
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lingua italica primitiva anteriore alla latina , e che forraavafi dai dialetti etrufco , indigene , ofco » greco , fabino , e tant' altri ufati dai rifpettivi po- poli , che abitavano quelli paefi . Di ciò appajono rnanifefti veftigj in molti vocaboli fecondo le dot- te f e rifleffive oflervazioni di Celfo Cittadini , e del Muratori affai cognite agli eruditi . Cotal lin- gua confufa poi colla latina , e notabilmente aite- arata in feguito da gotiche , e longobardiche mif- ehianze ha confervato nondimeno nella volgare fa- vella F originaria dolcezza di fuono in gran parte orientale, onde molti di e/fi popoli traevano prin- cipio , per quella ragione, avverata in tutti i fecoli , e da tutte le genti, che l'accento naturale è più durevole delle leggi , e dei governi . Quindi il pre- gio di foavità , e di mollezza fopra gli altri popoli dato al canto italiano da Giovanni Diacono fin dal fecolo ottavo dell' Era Criftiana , e quindi pa- rimenti P accufa d' effemminatezza intentata contro ai cantori italiani da Gregorio Sarisberienfe , che fioriva verfo il 1170.
La feconda , della immaginazione pronta , e vi- vace, che tanto influifce fui naturale degli italia- ni, la quale fra le molte modificazioni degli or- gani desinati all' efercizio della parola trova fu- bito quelle , che alla maniera loro di concepire maggiormente fi confanno . Avvegnaché il linguag- gio delle paffioni fia , generalmente parlando , lo Retto in tutti gli uomini, e che la natura li fpie*
&hi
i©3 ghi con certi fegni comuni ad ogni nazione, egli è nondimeno certiffimo , che la differenza de* cli- mi , e de* temperamenti , il maggior , o minor gra- do di fenfibilità , e d* immaginazione ficcome con- tribuifcono aljaiffimo alla formazion delle lingue , così ancora mettono gran divario nella maniera di efprimer gli effetti non meno tra popolo , e popo- lo , che tra individuo , ed individuo. Bifogna fcor- ticar un mofcovita per far , eh' ei fenta , dice con molto fpirito il Montefquieu • Lo fvizzero nella collera grida egualmente , e fortemente , mante- nendo a un dipreflb la voce nello fteflb tuono» Non è così dell'italiano, cui fomminiftrate venen- do dalla pronta fantafia cento cofe alla volta , per- corre in fretta tutti i tuoni , e modifica in mille guife T accento naturale . Perloche è mirabile la vivacità j e V evidenza , che offervafi non folo nel- la collera , ma anche nel difeorfo familiare , ov- vero nella narrazzione d'un fatto, a cui pigli qualche intereffe . Allora il fembiante dell' italia- no prende anima , e vita : gli occhi , le mani , il portamento , tutto diviene eloquente : il fuo lin- guaggio fentefi pieno d' interiezioni , d* efclama- zioni , di fuoni fpiccati , e fenfibili : P idioma degli accenti rinvigorire quello delle parole , ed ecco il gran fonte onde featurifee il modello , che il mu- fico dee per ogni verfo cercar d' imitare , e ai quale la melodìa è debitrice della fua poffanza • Un3 altra ragione potrebbe addurfi per ultimo , G 4 ed è
ie4
ed , è eh' efiendofi vedute di buon ora in Italia Signorìe grandi , e pofienti , come quella di Ge- nova , Pifa , Firenze , Vinegia , Roma , Milano 9 e Napoli , dove la magnificenza , il Iuffb , le arti , e il commercio contribuivano non meno ad in- gentilir P ozio che a fomentarlo , la tendenza al piacere , che da tai radici germoglia , e della quale la jftoria italiana ci fomminiftra efempi forprendenti 9 $y introduce per entro a tutte le facoltà del gufto , che hanno per immediato frumento la parola • Le Donne innoltre, dalle quali ogni civile focievolez- za dipende, avendo per cagioni che non fono di quefto luogo , acquiftata una influenza fu i moder- ni coftumi , che mai non ebbero appreflb gli anti- chi , giovarono al medefimo fine eziandio ora per P agio , e morbidezza di vivere, che ifpira il loro commercio, onde s'addolcì la guerrefea ferocia di que' fecoli barbari : ora per P innato piacere , che le trafporta verfo gli oggetti , che parlano alla im- maginazione , ed al cuore : ora per lo Audio di molte pofto nelle belle lettere , e nelle arti più gentili , dal che nacque il defiderio d' imitarle ne* letterati avidi di procacciarli con quefto mezzo la loro grazia ,-o la loro protezione, maffimamente , nel cinquecento, fecolo illuftre quanto fofle altro mai per le Dorine italiane :ora per le fiamme , che {vegliano effe nei petti degli uomini , onde queftì rivolgonfi poi a cantare la bellezza , e gli amori , piegando alla foavità lo itile, e la poefia. Così \ fecero
fecero Petrarca , e Bocaccio , prime forgenti della mollezza della loro lingua , come Dante il fu del- la robuftezza , la quale purgarono dai gotici, e la- tini avvanzi , che vi rimanevano nelle ruvide de* flnenze , nella fintafll poco ben iftabilita , nelle ar- ticolazioni difagevoli , ne' paflaggi troppo confufi , e in altre cofe . Lo che efll non avrebbero mai efeguito, fé il defiderio di celebrar la fua Laura nel primo , e di far leggere il fuo decamerone dalle femminette nel fecondo, non aveffe lor fatta nafeere il penfiero di divenir fcrittori.
Se non che Affatto donnefeo afeendente, ce- rne giova a far germogliar il gufto , e perfezionar- lo , così ferve non poche fiate a corromperlo • Ciò allora adiviene quando i licenzio!! coftumìt d'un fecolo, rallentando tutte le molle del vigore negli uomini , ripongono in mano alle donne quel freno , che la natura avea ad effe negato : quando una gioventù frivola, e degradata fagrifica alle infidiofe tiranne della loro libertà infiem col tem- po , che perde , anche i talenti , di cui ne abufa % quando gli autori veggonfi coftretti a mendicar la loro approvazione fé vogliono farfi applaudire da un pubblico ignorante o avvilito : quando i capric- ci della moda , della quale feggono effe giudic inapellabili , mefcolandofi nelle regole del Bello * fanno perder il gufto delle cofe femplici , perchè non fi cercano fé non le ftravaganti : quando ci è d'uopo impicciolire gli oggetti, e le idee per prò*
por-
to6
porzionarle agli fguardi delle. Saccenti 5 che rego- lano imperiofamente i giudizj , e la critica di tan- ti uomini più femmine di loro : quando bifogna per non recar loro dispiacere ad effe travifar in riccia* telli Parigini i fublimi allievi di Licurgo , o impiegar il pennello grandiofo d* un Michelagnolo a dipi- gnere i voluttnofi atteggiamenti di qualche Taide : in una parola quando i Gerì) fatti per illuftrar il iuo fecolo , e per fovraftarlo fono malgrado loro sforzati a preferire lo ftile d'un giorno, che nafee e muore, come gli inietti efimeri , alle bellezze roafehie > e vigorofe altrettanto durevoli quanto la natura, ch'efprimono • Tali furono a un dipreflb le afeofe cagioni , che fecero degenerare la poefia , e la lingua dopo i fecoii d* Aleffandro, e d' Augu- ro , e che corrupero ogni bella letteratura in Italia dopo il cinquecento . Felici le arti , e le lettere fé di tal rimprovero poteffero incolpare Soltanto i paffati fecoii, fenza che nulla avefllmo a ram- maricarci pel noflro!
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CAPI-
2*7
CAPITOLO TERZO.
Terdita della wufica antica. Origine della mu- fica [aera in Italia. T rete fé /coperte di Gui- do aretino, e di Giovanni Murs . Fapprefen- fazioni dt fecali barbari. Taralello fra effe , e quelle dei Greci. Vrogrejjì , e cangiamenti del Contrappuntò •
LA nniverfale ignoranza, chexoppreffc F Italia dòpo la venuta de' barbari , comechè danni gravifilmi recafie a tutte le arti , e le Scienze , di niuna fece peggior governo , che della mufica . Le cagioni di cotal Angolarità fono affai chiare. Avanti che la Religione Criftiana fuccedeffe per divino configlio agli errori del gentilefimo , il fior della mufica antica fi ritrovava o negli inni , che cantavanfi a' falfi numi ne' loro templi, o nelle drammatiche rapprefentazioni , che fi facevano riti teatri . Ora in niuno di cotai luoghi potea impa- rarfi dai primi criftiani la mufica, perchè l'uno5 e 1' altro erano a loro religiofamente vietati , fic- come domicilj di gentilefea fuperftizione , e di di- foneftà . De' temgli non vi può efler alcun dubbio circa la fuperftizione, e nemmeno Io farà dei tea- tri per chiunque verfato nella lettura degli anti- chi fappia , eh' effì erano altrettante fcuole , ove correva il popolo per imparare la loro religione,,
e la
io8 e la loro morale . Erano altresì 1* albergo della diflolutezza , poiché vi fi rapprefentavano le arti pantomimiche, delle quali fon troppo note le ofee- nità , e le laidezze , e noto è F infame letto fu cui obbligavanfi non poche • fiate le donne a com- parir ignude agli occhi del pubblico , e nota è pa- rimenti la efecrabile coftumanza di privar della virilità loro i fanciulli , acciò più agili , e più fnelli divenilTero ne' pantomimici atteggiamenti» Né potevano allora i criftiani una mufica a lor modo inventare , perchè effendo dai gentili fero- cemente perseguitati , vedeanfi affretti , fé voleva- no celebrar gli uffizj divini , a ragunarfi nei fotterranei delle cafe , o nelle caverne , od in luo- ghi ermi , e felvaggi , dove tifavano di canto fom- meflb, e timido fenza ftrepito dì finimenti, i qua- li il difagio loro, e la povertà mal comportava- no , e che avrebbero col romore il folitario loro ritiro agevolmente feoperto . Attalchè , quando ì criftiani divennero padroni de' paefi dianzi poffe- i duti dai gentili , fi trovarono quafi affatto fprowe- doti di mufica, qualora non vogliamo con fiffat- £o nome chiamare il canto de* falmi , che poco differiva dalla pronunzia ordinaria , b quello degli inni , che efeguivafi a due cori dà' Terapeuti * fpezie di Monaci Orientali , che da alcuni eruditi fono fiati , non fo fé con tutta la ragione , confili! coi criftiani del primo fecolo .
La venuta delle nazioni fettentrionali apportò
in
F©9
in feguito totale rovina. Qje' popoli ., frammif- chiando i loro rozzi idiomi alla purità del latino difcorfo , alterando le terminazioni de' vocaboli , togliendo ai nomi, ed ai verbi la propria infìetflo- ne , aggiugnendo in faa vece frequenza d' articola- zioni afpre , di confonanti ruvide profferite con voci forde, e confufe , nmi potevano far ifpictare il canto loro in altra maniera , che rinforzando il fuono delle vocali per nafconder alla meglio la durezza , e P abbondanza di effe confonanti . Co- tal rinforzamento unito alla più lunga dimora del- la voce fulle rifpettive fillabe , che ne era una. confeguenza , fece rallentar tutti i tuoni , frappor- re più lungo intervallo tra i paffaggi non meno di fillaba a fillaba che di fuono a fuono , e alterar così la durata de' tempi tanto nella poefia quan- to nella mufica . Si tolfe confeguentemente alle fil- labe il loro quantitativo valore , e alla profodìa i fuoi piedi : fi fmarrì ogni idea di poetico ritmo , che aggiugnea cotanta forza alla melodìa , e fi per- dette la mifura muficale , che era colia profodìa, e col ritmo inettamente congiunta . Così rovinò il fiftema poetico, e unifico degli antichi, in vece del quale nuova poefia fucceife barbara, e rozza, che tutta la fua vaghezza traeva dal definito nu- mero delle fillabe in ogni verfo , e dall' accoppia- mento delle definenze fimili da loro chiamate ri- me , e nuova mufica parimene , la quale fu ben tolto una ferie nojofa , e lenta di paffaggi fpoglia-
ti
ne ti d'ogni dolcezza, fenz* altra melodìa, che quel- la che poteva nafeere dalla forza , e dalla dura- tone de' fuoni »
L' Italia per particola* dolcezza d' accento , e per effer fiata la fedia principale della mufica an- tica ne' paefi dell' Occidente conferve una fuperio- rità dichiarata in quefto genere fagli altri popoli dell'Europa. In fatti nelle lettere di Cafiodoro fi legge , che Clodoveo conquiftatore delle Gallie , defiderando d' avere appe fé mufici pregievoli , i quali foli azzufferò la gloria della poffanza fuct , co- me s' efprime 1' originale , fc riffe a Teodorico Re d' Italia acciocché gli mandaffe alcuno di què' ulu- lici , eh' erano alla fua Corte . Teodorico il com- piacque, mandandogli uno de' più valenti , che vi foiTero, e foggiungendo , che glielo fpediva affin- chè temperaffe colle foavi medulazioni i feroci petti de' genti i I latini , avendo perdute per un con- concorfo di circoftanze , delle quali a me non s'appartiene il parlare, molte parti della mufica greca, aveano parimenti perduti molti fegni unifi- cali , ovvero fiano note , che tifavano i greci • Sant3 Ambrogio ampliò il canto fermo , o vogliamo dire canto ecclefiartico tifato nella Chiefa fin dai primi fecoli ; Io che ei fece raccogliendo gli fcarfi , ma pregievoli frammenti della mufica greca guafta , e mal concia , come era a fuoi tempi , e trasferen- doli al culto divino nella Chiefa di Milano . Così il canto fermo nella fua prima origine era il perfetto
gene-
e*
III
genere chiamato diatonico degli antichi , il qual$ 5 o per Ja maggio^ di vozion de'criftiani , o pet la natura- le fua femplicità era più atto a commuovere di quello, che fia la sfoggiata pompa della mufica preftnte* Ne faccia teftimonianza il pianto , che il canta Ambrogiano efpreJe dagli occhi di Sant' Agoftino , come narra quelli nelle fue confezioni . San Gre- gorio Papa, rigettando molte cantilene baroare , e licenziofe , che vi fi erano introdotte , creandone delle altre più degne , o traendole con giudiziofa Ccdta dall'ufo delle altre Chiefe greche , e latine, compofe , e formò V antifonario per ufo della mu- fica facra . Aggiunfe a quella maggior pompa , e magnificenza San Vitaliano , iftituendo un coro di mufici romani , che Vitaliani furono detti dall' ifti- tutore loro , come fece anche Leone Secondo , e San Damafo fpagnuolo , a cui di molto fu debitri- ce a' fuoi tempi la mufica . Qualche fecolo dopo , cioè , a' tempi di Papa Adriano s* eccitò la tanto celebre lite fra i cantori romani , e francefi circa il primato del canto , volendo quelli introdurre ira Italia la loro rozza maniera di modulare , vantan- doli quelli all' incontro di elTere i foli , e veri maeilri della mufica perchè feguitavano ìa fciiola di San Gregorio , ed onorando i loro rivali col modefto titolo d* ignoranti , zotici , e fomiglianti ai bruti animali . La difputa divenne sì viva , che lo fleffo Imperador Carlo Magno dimorante allora in Ro- ma, comecché poco s' intendclTe di tali affari, eb-
fce bifogno d' interporre la flia autorità per placar,
gli , fentenziando pofcia a favor de' romani contro
ai proprj fudditi , anzi mettendo quefti fotto 1* in^
fegnamento dei primi . Pochi efempj ci fomminiftra la
ftoria di fimili derilioni date da un Principe vittorioft
nello fteflb paefe conquiflato da lui , ne può attri-
buirfi la condotta di Carlo in tal circostanza , che 3
fomma venerazione per le cofe di Roma , e forfè an
che al bifogno , che aveva di amicarfi i romani pei
afficurar maggiormente in Italia la fua pofianza ,
1/ ufo dell' organo o introdotto di nuovo in Ro
ma , o foltanto rinovato verfo la fine del feco
nono accrebbe gran luftro alla mufica ecclefiaftica
V antico fcrittore , che racconta il diffidio tr;
francefi , e romani, dice, che Adriano Pontefic
mandò in Francia maeftri, i quali fra le altre cof
gli iftruifTero nell' organare in arte organanti. I
Muratori da tai parole pretende ricavare , eh;
T organo folle molto tempo avanti conofeiuto il
Italia {a) , e il . Cavalier Tirafrofchi coli* Abate Bet.
tinelli ftrafeinato da sì gran nome pronunzia an
eh* egli la medefima cofa . Mi fi permetta feopri
T abbaglio di quefti critici . Organari nello ftiie de
gli fcrittori del baffo fecolo non vuol dire fuona
Porgano, ne fabbricarlo, né cofa, che s' adorni
gli : lignifica inferire? alcune terze nel progreff
del canto fermo cantato all' unifono in manier
per
{a) Tom. U Ditiéxt» s© compeudiate dal Nipote *
ii3
per efempio , che mentre una parte del coro can- tava quefte quattro note ut 3 re 3 fi, ut V altra par- te cantava al medefimo tempo ut re, re ut. (a) Altre fignificazioni di quella parola tutte diverfe dal fenfo de' citati autori pofiono vederfi preifo a Giambatifta Doni (b) •
Per quafi i due fecoli fufleguenti , tempo , ini cui , per valermi della energica efpreffione d' un moderno fcrittore V Europa re/là come il gran Cor- pò del Ciclope privo dell' occhio , la mufica giacque neireftremo avvilimento affidata a mufici imperiti, che credevano di fegaitar Boezio fenza compren- derlo , ed a cantori più ignoranti ancora , i quali pronunziavano a cafo delle parole non intefe da loro fenz' altro ajuto , che la memoria , ne altra regola d' intuonazione che il loro rozzo ed im- barbarito orecchio • Guido Aretino Monaco della ! Pompofa j, che fiorì dopo il mille , è in que' tempi ! tenebroni ciò , che nel mare agli occhi de' navi* ganti smarriti è una torre , che veggafi biancheg- giar da lontano . Egli vien creduto comunemente il fondatore , e il padre della moderna mufica . I fuoi meriti principali fono d'aver migliorata Tar- II te del cantare, ampliata la ftromentale, gittati i i| fondamenti del contrappunto, e agevolata la via
H a irn-
(a) RoulTeau: Di&ionaire de mjifique. Artide Org* nifer*
{b) Trattato del perfezionar le Melodie.
ii4
a imparar prefto la mufiea troppo per V addietro fpinofa e difficile. In contraccambio di tanti pregi egli menò una vita infelice calunniato dalla igno- ranza , perfeguitato dalla invidia , è coftretto a fug- girfene altrove da quei Monaci fiotti , eh' egli ono- rava colle fue virtù, ed iftruiva coi fuoi rari ta- lenti. Ma il favore del fuo fecolo , e dei pofterio- ri verfo di lui il ricompensò abbaftanza delle vena- zioni fofiferte nel chioitro • La gran fama aquifta- tafi , e la fcarfezza dei monumenti hanno fatto sì , che attribuite gli vengano tutte le /coperte , delle quali s'ignora l'autore, come già fecero gli Egi- ziani col loro Teutes , e coi loro Mercurio* Nin- no, cred'io, pretenderà, che mi trattenga a tut- te narrarle minutamente , potendoti ciò ampiamen- te vedere in altri Autori , che ne parlano più di propofito ; aggingnerò bensì , che gran parte di effe feoperte non hanno altro fondamento fé non quello appunto della comun tradizione . Si dice per efemp;o, che Guido foffe il primo a inventar le righe , e a collocarvi (opra i punti , affinchè colla diverfa por- zione di quefti s' indjcalfero gli alzamenti , e gli abbaiamenti della voce; ma ciò fi niega a ragio* ne dal Kirchero nella Mufurgia , poiché oltre il parlar Guido nel fuo micrologo di effi punti , e ri- ghe , come di cofe note , e non mai inventate da lui , egli è certo, che fi trovano efempj dell' uno , e dell'altro fin dai fecoli nono, e decimo • Si pretende , eh' egli aggiugnendo al diagramma , ov- vero
vero fia fcala muficalc degli antichi , che coftava di quindici corde , la Tenaria maggiore, abbia ac« crefciuta di cinque corde di più Ja fcala muficale , ed ampliato per confequenza il fiftema . Ma oltra- chè una fallita è il dire , che il fiftema muficale dei greci non avefle fé non quindici filoni , effon- do chiaro , che le pretefe aggiunte del monaco Italiano altro non avrebber fatto che reftituire il diagramma alla fua antica eftenfione , o piuttofto non giunfero neppure ad uguagliarlo , come dimo- iìra evidentemente il Meibomio (a), certo è, che fiffatta reftituzione , o ritrovamento non è di Gui- do , ma d' un altro autore anteriore a lui di più fecoli , le parole efprefle del quale fi rapportano dall' erudi tiflimo Ifaacco Voìlio (b) . Si tiene anche per ficuro comunemente eh* ei foffe il primo a ri- trovare la Gamma, ovvero fia quella tavola, o fcala, fui] a quale s' impara a dar il lor nome , e a intuonar con giuftezza i gradi della Ottava per le fei note di mufica ut , re , mi , fa , fai , la fe- guitando le diverfe combinazioni , in cui effe note poflbno collocarli : ciò che s' appella propriamente folfeggiare ; ma per teftimonianza del medefimo Guido un fiffatto metodo era fiato di già inventato a fuoi tempi* (r) S' atferifee , eh' ei precedeffe a
H x tutti
(a) Notealì' Introduzione armonica di Euclidei*. i.p.sz»
[b) De poemuturn canti* , & vtvibus ritmi p 9 [.
(e) tiot^i autem in Monaebordio h& funt • In grimi* T gv$~ cum a Moderni: AÌianBam . Nel Micrologo .
ti6
tutti nell'ufo degli frumenti unificali chiamati po- lipettri , quali fono il Clavicembalo , la Spinetta , il Clavicordio , e più altri di qaefto genere ; ma da neffun monumento fi ricava aver egli fabricato o inventato altro finimento , che una fpezie di monocordo armonico , come egli fteflb ne fa fede nel fuo Micrologo (a) .
Ma e! iunque fia flato il ritrovatore, le note a' tempi di Guido Aretino , e dopo lui non ferve- vano ad altro che a fegnar colla pofizione loro i gradi , e le differenze della intonazione . Tutf era- no d' ugual valore in quanto alla durata , ne rice- vevano a quefto riguardo altra divertita., che quel- la delle fillabe lunghe o brevi del linguaggio , a cui s'applicavano. Ma tal divertita era poco ficu- ra, perchè la diftinzione delle fillabe in lunghe, e brevi erafi per le cagioni di fopra indicate pref- fochè fmarrita , e molto più nella profa de* falmi , e delle antifone priva d'ogni profodìa, e d' ogni ritmo. Fu dunque neceffario trovar la maniera di lignificar non folo la differenza del tono, ma an- che la durazione del tempo in una nota rifpetto all' altra , e ciò fi fece colla diverfa figura , che fi die ad effe note , la quale fegnava il loro rifpetti- vo valore ;dal che ebbero origine la mafllma , lalon- ga , la breve , la femibreve , e la minima . Siffatta invenzione nacque dalla neceflìtà di dover leggere
in
(a) Monochordium quoddam armonicè eonftvuftum «
H7 in lontananza sii libri pofti in mezzo al coro del- le Chiefe , onde era d' uopo il rapprefentar all' oc- chio P alzamento e Y abafiamento de' tuoni con fegni marcati , e vifibili • Se ne crede comunemente l'autore Giovanni Murs , o Muris Canonico Pari- gino circa il 1150. ma ciò è apertamente contra- rio all' aflerzione del medefimo Muris , il quale nel fuo libro intitolato fpeculum mujlca. , che fi con- ferva inedito fra i manoferitti della Real Bibliote- ca di Parigi , parla delle note , e del loro valore come di cofe di già conofeiute a' fuoi tempi . A chiunque fìa verfato nella teorìa unificale è ben noto , che il modo fuppone il valor delle note , poiché quella parola riguarda la majjìma , e la lunga . Ora il Muris in una copia del citato co- dice veduta da me ci infegna , che gli antichi dicevano ejfer cinque i modi 3 intorno alle quali pa- role Profdocimo di Bendemaldo celebre mufico padovano del fecolo XIV. , il quale fece un lungo commento al libro del Muris , che fi conferva inedito fra la raccolta di monumenti efiftenti nella libreria dei RR. PP. Conventuali di Bologna, fog- giugne , che fiffatta opinione circa il numero dei modi era comune prefib agli antichi, dicendo di averla ritrovata in un opera di Francone autore, di cui ci converrà far menzione in appreflb • In altro luogo facendo menzione di Guglielmo Mafcardio cantore di grido a* fuoi tempi , ma le cui opere, e le cui opinioni fono Hate avvolte H 3 infiem
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jnfiem con tanti altri depoliti delle umane eogni^ Ticini nella irreparabile dimenticanza dei fecoìi* attribuifce a lui Y ufanza di lafciar nel canto im- perfette le Brevi . O che dunque il valor delle no- te fia flato ritrovato dal Francone , o che riconof- cafi per inventore Guglielmo Mafcardio , o che debbafi, come io fortemente fofpetto , rifalir anco- ra a' tempi più antichi , certo è , che il Muris non ebbe parte in così fatta fcoperta . Né fu altrimenti 3 come fi pretende , una fua invenzione la mifura muficale , eh' era ftata per fecoli intieri trafeurata , ma fenza la quale non può trovarli né canto rego- nare ne melodìa , ficcome quella , che ferve a di- videre i tempi efattamente , a far calere le into- nazioni , a dar un lignificato , un ordine al tutto $ come fa la fintai!! grammaticale nel difeorfo , e che dal valor delle note principalmonte deriva . Egli nella copia altre volte citata difeorre alla lunga del- lo flato , in cui li trovava a* fuoi tempi quefla prin- cipaliffima parte della mulica. 1 moderni ; dice , tifa- no $refent emente di mifura molto tarda. Lo che è un indizio manifefto , che avanti a lui fi conofee- va . Non farebbe inverofimile , che gì* italiani T a- veffer trovata , sì perchè non fembra probabile , che avefler mufica da tanto tempo fenza conofeer quelle cofe , che fono indifpenfabili a ben regolar- la , come perchè le invenzioni di Guido a quelle altre agevolmente conducono. Leggendo con aN tensione il micrologo di quel monaco, vi fi feor-
gono
gono chiaramente i fcmì di tante fcopcrte, che fi riferifcono comunemente a' tempi più tardi •
Ma onde , dimanderà qualcheduno, tanta in- certezza nella ftoria della mufica ? Perchè tal oscu- rità circa il tempo delle invenzioni , e degli in- ventori .;> Si rifponde , che ciò è provenuto dalla natura dei fecoli dediti alla ruftichezza , e alla fe- rocia , dove nulla pregiavanfi le opere dell' inge- gno , perchè neppur fi fo/pettava della loro utili- tà : dal niun commercio tra popoli confinanti, - non che tra i lontani , onde avveniva , che i nuo- vi ritrovati nelle fci^m^ , e nelle arti , o fi fmarri- vano nei viaggi difaltrofi , e poco ficuri , o fi chiu- devano nella tomba per fempre infiem coi loro in- ventori , o fi giacevano fra 1' eterno filenzio delle monaftiche biblioteche polverofi , e negletti: dal confklerarfi in allora la mnfica non come un arte di Genio , gli avanzamenti della quale dovelTero intereifare il liaTo e la voluttà nazionale , ma come una fpezie di liturgico rito, ovvero fia dj pattuita ecclefiaftica cerimonia , cui ballava aggiu- gnerne quello foltanto , e non più $ che richiede- vafi per foddisfar al bifogno : dalla mancanza in fomma di fcritture , e di libri , la quale vietava di poter ad altri luoghi trafmettere , e di render note le proprie invenzioni. Talmente che nulla v' ha di più comune in quei tempi quanto l' attribuire ad un Autore delle fcoperte , che poi con più di- gente ricerca fi ritrova effer di molto a lui ante- li 4 riori.
zìo
riori. Io paragonerei volentieri la ftoria dei fecoli barbari all' orizonte . to fpettatere, che vede da lontano unirli la Terra col Cielo , crede , che colà fiano polli i limiti 4el Mondo, ma a mifura eh" egli avvanza il palio, P illufione fparifee , e più non vi fi trova il confine.
Che che fia di ciò , quantunque Affatto ritro- vato incontrale qualche contradizione dalia parte d' alcuni , nullameno i più celebri mufici d' Italia Anfelmo Parmigiano , Fififo da Caferta , Profdoci- mo Bendemaldo , Marchetto di Padova con più altri l'abbracciarono avidamente, onde gran in- cremento ne prefe P arte del contrappunto . Al- tre varietà s' introdurrò prima , e poi , che non a breve faggio come quefto è , ma a più lunga ftoria fi convengono. Comincio/fi allora ad appli- car la mufica ai funerali , alle nozze, e ad altre fo* lennità , come ancora a* Ludi , o mifterj della Paf- fione , de' quali , per efltr fiati in certa guifa i primi abozzi del dramma unificale , ci convien fa- re più diftinta menzione affinchè fi vegga la raffo- miglianza d' origine nella poefia drammatica di tutti i tempi .
Gli fpettacoli , ficcome altro non fono fiati giammai fenon fé Y efpreffione de' pubblici coftu- mi , cosi hanno dovuto in ogni fecolo aggirarli in- torno ad argomenti conformi al genio , ed al pen- fare attuale de* popoli , per cui furono fatti . Sen- ^a queda maffima non è pofllbile dar un palio nel- la
Ili
la ftoria filolofica delle lettere * Ora ne' tempi , e nelle nazioni , che chiamane rozze , ì principi della religione agifcono con maggior forza fugli fpiriti , che ne' tempi , e nelle nazioni, che dicon- fi illuminate , sì perchè venendo per Io più la coltura delle arti , e delle fcienze in un popolo congiunta coi progreffi del commercio , del luiTo , e delle altre cofe, le; quali necefTariamente cor- rompono i coftumi, non è facile, che i motivi re- ligiofi abbiano gran potere , ove i vizj han troppa licenza , come perchè , effendo il carattere gene- rale della filofofia quello di render probabili le cofe più dubbicfe , e di fparger dubbj filile verità più evidenti , non è potàbile ottenere , che Affatto fcetticifmo non fi ftenda anche agli oggetti più rifpettabili , i quali appunto perchè fono tali , e perchè mettono a difagio le noftre paflloni , fi vor- rebbe pure, che non efìfteffero . La ftoria di tutti i tempi non è , che una ripruova continuata di i querta verità incontraftabile . Fero gli fpettacoli nel loro nafcere , ovvunque fi formano dipersè, e non per pura imitazione degli altri (nel qual cafo la faccenda procede altrimenti) imprefero a trattar argomenti proprj della religione di quel dato pae- f e , come cel dimoftra l'efempio di molti popoli felvaggi , degli fcandinavj , de' mefficani , de' pe- ruviani , de' chinefi , e de' greci principalmente 'm Così dovea accadere eziandio nella prima origine delle moderne rapprefentazioni , e così accadde in
fatti
uà
fatti ne' fecoli barbari . 1 Pellegrini , che fpintì dalla divozione erano andati a vifitar i luoghi, o- ve nacque , e morì il comtin Redentore, a San Giacomo di Galizia, alla Madonna di Puy , e tali altri fantuarj cominciarono i primi nel ritorno lo- ro a farfi fentire or foli , or molti infìeme cantan- do fulle pubbliche ftrade cogli abiti coperti di con- chiglie , di medaglie, e di croci la Paffione dei noftro Signore, le gefta di Maria Vergine, di San Lazzaro, degli Apofioii, ed altri argomenti facri tratti dalla Divina Scrittura , o dalle Leggende de9 Santi . Piacque al popolo cotal ufanza per la no- vità , e per la maggior divozicne d' allora , ed ecco introdotti in Germania , in Francia ; in Ifpa- gna , e in Italia i Ludi , ovvero fiano i Mifterj det- ti della Paffione . Sul principio non furono fé non rozzi fpettacoli preferitati agli occhi del popolo fu i cimiterj delie Chiefe, fulle piazze, e fulle cam- pagne, la qu al circoftanza ebber eilì comune anco- ra colla tragedia greca , che nacque , a ciò che fi dice , nelle fede di Bacco fra il tripudio e F alle- grezza degli agricoltori. Giudicandoli pofcia cotai luoghi men degni , il celebrarono dentro alle fìeffe Chiefe in Teatri a bella porla inalzati, e s'accom- pagnarono fpefio colla danza , col canto , e col fuono nelle gran folennità , o nelle nozze , o in- greffi de* Principi. Un* altra particolarità onde sy affomigliavano agli antichi fpettacoli è quella d* effer efeguiti^ e d'aver per autori perfone con-
fecra-
ii3
fccrate al fervigio della religione . Ognun sa , che i primi poeti greci furono infìem facerdoti , e che eglino medefini recitavano al popolo i loro com- ponimenti , il qual coftume durò fui Teatro co- llantemente fino ai tempi di Sofocle , il primo fra i tragici antichi, che cominciarle ad abbandonata- lo. Similmente fra noi le perfone di Chiefa ss ap- plicarono a Affatto efercizio, come fappiamo,dì molti , tra quali vanno attorno fiampate le fei commedie facre di Rofvita canonichefTa di Gander* sheim fcritte prima del mille : fi fa parimenti da un antico ftorico citato dal Muratori , che vi fi usò dal Clero recitar in pubblico i Ludi , come fanno in oggi gli attori , e ( ciò che dilegua affat- to ogni dubbio ) nel decretale di Gregorio nono fi afferifce efprefTamente , che i preti, diaconi, e fuddiaconi comparivano mafcherati in Chiefa a di- vertir il popolo con fimili fpettacoli (a) autorizza- ti qualche volta colla prefenza del Vefcovo ♦
Ma le diverfe circoftanze de' tempi , e de' luoghi non permifero , che le rapprefenfazioni facre averterò preffo a noi lo fplendore , e la durata, eh' ebbe- ro preflo a loro quelle dei greci . Di ciò due ne veggo eiTer ftate le cagioni • La prima la differen-
za
{a) C. Cum Decorem . Viunt ludi theitra'et in Ecte/Ta , & non folum ad luiìb+iorum fpefiicu'a introdueuntur minftra larvarum , vevòm etiam in alìquihus feflivitatihus Diaconi * Vretbyter? , ac Subdiaconi infamia fua ludìbri* txercere frm* fumunt •
214 za degli autor? di effe rapprefentazioni nei diverti paefi . V impiego di poeta fra i primi greci era di fomma importanza , e confìderavafi come una delle cariche più rifpettabili dello Stato» Quindi è, che la esercitavano perfone fcelte , le quali congiu- gnevano con un fommo ingegno una perfetta co- gnizione degli affari politici, e delle opinioni, che conveniva iftillare negli animi del popolo . Sa- pevano effi non pertanto trovar i mezzi più accon- ci a perfezionar il Teatro, e a renderlo ognor più conforme alle mire, che fi proponeva il governo. All'incontro i poeti italiani de' fecoliN barbari era- no, come quelli di tutta V Europa, una truppa d'uomini ignoranti, e fenza educazione. I Preti, che per lo più erano gli autori , e i direttori de- gli fpettacoli , non venivano eccettuati • Si riputa- va dotto fra effi chi fapeva leggere , e molti ignoravano perfin la maniera di fcriver il proprio nome. Se alcun talora fi diftingueva dagli altri il fuo fapere cofifteva in una feienza di tenebre , che non aveva altro valore intrinfeco fé non quel- lo, che le veniva dato dall'altrui ignoranza, in un gergo inintelligibile, in una ferie di cavillazoni egualmente ofeure che inutili alla fublime reli- gione, che e* pretendevano rischiarare. Alla di- menticanza de' veri principi di quefta , tenne die- tro anche quella della Morale » Giunfero non pochi fra loro a feordarfi , che la fimonìa, la venere fciolta9 e l'adulterio foflero peccati, e vi fi tro- vano
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v?no parecchi canoni de' concilj a' que" tempi de- ftinati unicamente a rammentar ai Preti quelle ve- rità , che mai non ebber bifogno di pruova preffo le nazioni più incolte, Lafcio penfare qual influenza doveffe avere tanta , e sì univerfale ingaoranza fulla formazione degli fpettacoli •
La feconda cagione più fottile , e più afcofa è ripofta nella natura 5 ed indole d' entrambe religio- ni. Il Gentile/imo, almeno come fi credeva dal popolo, era un fiftema d' opinioni affurdo ne' prin- cipi , diffcttofo nei mezzi 3 incoerente nelle confe- guenze , indifferente per la Morale , con cui niuna avea , o pochiffima relazione , e ingiuriofo alla di- vinità , la quale bisognava sfigurare per accommo- darla ai capricci degli uomini . Da tanti errori le belle arti ritraevano gran vantaggio per la loro per- fezione, e progredì: merito affai trillo per una re- ligione , V oggetto della quale debbe effer quello d' aflìcurar all' uomo la felicità della vita preferite, e della futura , e non di regolare Io fcalpello del- lo fcultore, o di porger materia alle bizzare fan- tasìe d'un bello fpirito . L'immaginazione madre dell' entufiafmo avea nella Grecia fabricato tra il cielo e la terra un palazzo di fplendente cri- ftallo , ove trafparivano idoleggiati fotto le forme più ridenti la natura, gli uomini, e i numi. Ove il culto religiofo fomentava le paffioni in vece di reprimerle , gli oggetti di effe paffioni doveano dei- ficare confeguentemente leggiamo, che la bellez- za
za de' fanciulli , e delle donne rifcuoteva onori di- vini ; che Venere , Ganimede 3 Ebe , Adoni , e le Gra- zie furono poiti ne' feggi celefti , e che le meretrici perfino ebbero altari , e fefte a lor nome . Ove gli Dei lafciando ai filofofi la cura d' ammaeftrar gli uomini nella Morale, fi prendevano foltanto il pen- derò di divertirli, inventando i balli, i filoni, i verfi , e la maniera di coltamente parlare, la poe- fia , la mufica , il ballo , l'eloquenza, e tutte le Belle arti dovevano riguardarti* come oggeti celefti da pregiarli fopra qualunque cofa terrena • Perciò mentre s* andava a prender le regole di vivere co- {Lunatamente da Socrate povero, e difpregiato A- teniefe; mentre le leggi politiche fi sforzavano di riparare colla Saviezza loro ai danni cagionati dal- la religione ; mentre la filofofia s' opponeva con man vigorofa alla influenza de' vizj protetti dal Cielo ; in quefto mentre , io dico , fi vedeva Giove padre degli Dei dipinto ne' pubblici templi della medefima Città colla lira in mano, s'adoravano C a ito re , e Polluce per aver i primi iftituita la danza , veniva onorato Mercurio come inventore della eloquenza, e fi dava a nove vergini Deità, la (ingoiar incombenza di prefiedere alle canzoni • Ove le paffioni avevano in Cielo la loro difefa , e le arti il loro modello, ben fi vede qual entufiaf- rìo dovea accenderfi in terra per coltivar queite » e ingentilir quelle favoreggiato poi dagli ufi poli- tici , e ravvivato dalla poiTente influenza della Bel-
I^za
Terza principio Comune delie une , e delle altre » i Di più: in una religione, ch^ parlava molto ai {enti , e pochiffimo alla ragione, e che rapprefen- tava T EflVre fupremo fotto velami corporei , gì* Id- dj non fi diftinguevano molto dagli uomini : anzi, ponendo mente alle affiirdità e ai vizj attribuiti a loro dai poeti, chiunque avea fior di jfeaao do- vea pregiare affai più un vile (chiavo virtuofo , che non gli oggetti della pubblica venerazione. Epicleto colla dia gamba fracaffata faceva arroffire tutti gli Dei d'Omero, e gitiftificava pienamente il pretefo paradoffo degli Stoici : che -il Saggio è fu- periore a Giove •
Perciò la divinità, come veniva confederata •dal volgo , nulla perdeva del dio efpofta dille (ce- ne . Gli fpettatori non vedevano tra effa e lor® quella diftanza infinita, -la quale, togliendo ©giri proporzion fra gli eftremi, rende inapplicabile qualunque teatrale imitazione. Sapevano etti dalla pubblica tradizione, che la natura loro non libe- rava gli Dei, né i Semidei digli affetti perverfi , e dalle inclinazioni , onde vie» tante volte 1' umana debolezza agitata e dconvolta, cosìchc potevano prender iateteffe «elle vicende loro, còme noi lo prendiamo ridile fciagure d; Zeiobia , e di Mitri- date • Me troppo era (èrano anche il deriderli dil- le fcene-, come vediamo par qualche volta aver fatto Ariiìofane* Baita leggere nel primo atto à* una delle die commedie intitolata le Rine il bur-
Idfso «
lefco, e lìcenzioib dialogo tra Ercole, e Bacco per conoscere qua! conto faceffero degli Dei tanto il poeta , che metteva in bocca loro Umili ofeenità quanto il popolo , che ne applaudiva . Ne minori prove d' irreverenza fi trovano ne' poeti tragici. Fra le altre fentanfi le beftemmie, che fa dir Eu- ripide ad un fuo perfonaggio ;
Ah ! di Jicuro
Nulla è quaggiù . Non della gloria il lampo ,
Non la fortuna toglierai , che V uomo
Mi/ero in fine non divenga • J Numi
Turban le co fé , negli umani eventi
Confufion > difordine mifchiando ,
Perchè dell3 avvenir nulla facendo
Siamo corretti a venerarli .#•(#). Alche s' aggiiigne , che avendo il Gentilefimo pre- fi i fuoi fondamenti nella ftoria greca 3 il rappre- fentar fui teatro le opinioni religiofe era lo Retto che richiamar il popolo alla ricordanza , e all' ammirazione de' fatti patriotici 3 e confeguente- mente di rifvegliar in effo F amore della libertà , e della patria, virtù delle più utili per tutto al- trove, ma neceflarifllme nella coftituzione de' gre- ci , i quali aveano fcacciati i Re per divenir re- pubblicani . Così gli fpettacoli , le belle arti , la politica , e la religione erano talmente ligati fra loro 5 € j per cosi dire , innevati , che non poteva
aleu-
ti) Neil' Ecuba <
1^9
alcuno di tali oggetti cangiarfi fenza che tutti gli altri non fé ne rifentiffero . Ed ecco il perchè le rapprefentazioni facre ebbero in Grecia sì lunga durata, e di tal importanza furono confiderate .
Tutto F oppofto 3yv\QtìQ fra noi . Il criftiane- fimo , quella religion fanta, che trae dal Cielo la fua origine , ci dà della natura divina , e delle co- fé, che le appartengono, una idea troppo rifpet- tabile perchè poflano fervir falla fcena di fpettaco- lo agli uomini. Incomprensibile ne' fuoi mifterj , perchè le operazioni dell' Eifer infinito oltrepaffano la debole potenza della finita ragione , elfo ricava maggior motivo di venerazione della fua medefi- ma ofcurità .
Profonde* e chiara, tenebrofa e vera* Legato intimamente colla morale , cui ferve di fo- fìegno , e di guida , ha per ifeopo principale il re- primere le ribellanti paflìoni , atterrando V Idolo dell'amor proprio. Unicamente occupato nel pro- curar all'uomo la felicità eterna, per cui la vita temporale non è , che un breve e fugitivo pafsag- gio , raccommanda la pratica delle virtù , che a tal fine conducono . La rinunzia a tutti i piaceri del fecoìo , T annientamento di fé medefimo , il timore d' un Dio , che ovunque è prefente per efamina- re le più afeofe rivolte del cuore , la perpetua ricor- danza della morte , e del fuo futuro dettino , in ima parola la fublime , e falutare triftezza di quefta vita per guidare nell' altra ad un'allegrezza inter-
I mina-
minabile ; ecco il vero fpirito del criftianefimo • Beati coloro , che fanno fparger lagrime in quella valle di pianto! (a) Balia la femplice efpofizione de' fatti per capire quanto la rapprtfentazione di elfi divenga impropria fui teatro , ove la libertà degenera sì fpeflb in licenza, e l'allegrezza in tripudio . Non potendo follevar gli fguardi del vol- go fino alla grandezza delle cofe rapprefentate , egli è d' uopo abbaffar quefte per avvicinarle agli occhi fuoi , accomodar la natura divina alle paf- iioni degli uomini , e far un materiale fpettacolo della più Spirituale fra tutte le religioni o Perciò gli argomenti facri debbono degenerare in affurdi- tà ovunque la religione , e il teatro formano due oggetti feparati , come avviene piefso di noi, poi- ché il diflìpamento dell' uno s' oppone incelante- ir.ente alla fantità dell' altra •
Le notizie rimafteci di cosiffatti Ludi, o Mi- fierj la mia oflervazione mirabilmente confer- mano » La più antica rapprefentazione , che fap- piamo elfer fiata fatta in Germania intitolata Ludo Fa/cale della venuta, e morte dell' Anticristo altro non era, fé crediamo all'elegante, e dotto Cava-
lier
(a) De la fot à" un i hvttitn Ut M/steres tevrihles D' orKttntnt egayès ne Jont^potnt jujcept'bles • 1/ Ev&ngrte à 'V ejprit «* zffte de tour cotès t £jjti penitene* a fair* & tonrmens meritès » Boìkau Art. Foetique Chant. je
i3 1
Iier Tirabofchi , fé non fé un drammatico guazabu- glio , ove veggo nfi apparire nella [cena il Papa , e /' Im- peratore con pia altri Sovrani d' Europa , e dy Afia , e V Ante enfio accompagnato dall' Erejia , e dalla I- poaijìa , e per/ino la Sinagoga col gentil e/imo , f£e #/?f£e e$? ragionano (a) . Tale fu ancora un altro fpettaccolo rapprefentato in Firenze, da quei del Borgo San Friano Tanno 1304,, ove fecer com- parire l'Inferno con uomini contraffatti a guifa di demonj, ed altri che avevano la figura d'ani- me ignude , le quali erano tormentate dai primi con fuochi , ed altre pene orribili a fentjrfi , come fi racconta più alla diftefa dallo florico Giovanni Villani (b) • Il Quadrio fa menzione d'un altro intitolato il Costantino, dove fi leggeva una pillola di San Paolo , e alla fine fi cantava il Te Deum . Nel fecolo decimoquinto fi recitò nel Delfinato V Epulone dove Afmodeo diavolo della lufluria , e Pluto diavolo delle ricchezze comparifeono avanti iil tribunale del Padre Eterno per accufar il ricco Epulone, che fi ila in ginocchione inanzi al giudi- ce. L'Angelo Cufiode è il difenfore , e quafi era fui punto d'ottener la liberazione , allorché ghi- gne San Lazzaro, il quale informandofi del giudi» zio , fi volta dicendo :
I 2 Che\
(a) Storia della Letteratura Italiana Tom. 4. Lib. 3. Cap. 3.
(b) Lib. 8, e, 70,
Che! Meffer Padre Eterno , (a)
Voi tu dunque falvare
Di Belzebutte un germe , un maj "calzone 9
Spilorcio , e crapulone ,
Che va per le cucine
Le pentule fiutando , e del Profeta
Se qualchedun gli parla , o della legge ,
La pancia Ei fi patteggia 5 e poi risponde ♦
Che legge ? Che Mosè ?
Il Pentateuco mio quejìo è alla fé • Confeguentemente a tante accufe il Padre Eterno comanda ai diavoli, che fel portino in gehennam igni*, end' effi partono via pieni di giubbilo • Si cangia U feena , e comparisce Satanaffo in trono con gran for-| cone in mano in vece di feettro , avanti al quak Afmodeo prefenta Epulone , intuonando certi verfi i più ridicoli del Mondo •
Un' altra fi raprefentò in Milano , dove corcv parifeono in feena Ànibale , San Giorgio , e Gè-: deone , altercando inìieme per fapere chi fofle i, più bravo fra di loro • Sopragiugne Sanfone con una gran mafcella fcarnara lotto il braccio , e sfi" da tutti tre a duello, Dalila , che arriva, fviene per la paura, e i colpi finifeono ballando infìeme una pavaniglia.
La Tentazione fu il titolo d* una' altra , che fi recitò in Siviglia 1* anno 1498 , nella quale il Dia- volo
{a) V originale frane e fé dice* Quoti S*Y Pere Ettrnd #
133 volo veflito da Zoccolante va per tentare un Ere- mita per nome Floriano. Difputa con lui full' atti- nenza , e full' Incarnazione , fui qual proposto il Diavolo cita San Tommafo, ed Averroe. Vuol poi dargli a mangiare del pane , e del cacio , che porta nella manica per farli rompere il digiuno, ma Santa Melania comparifce a Floriano in forma d* una vecchia , e gli fa vedere le piccole corna , che il Frate porta fotto il cappuccio . 1/ Eremita allora cava fuori una gran Croce., veggendo la quale il Dia- volo piglia la figura di porco , e va via grugnendo . In una rapprefentazione francefe intitolata la Refurrezio&e s' introduceva il Padre Eterno dor- mendo , e un Angelo , che viene a dettarlo con quefte parole: Eterno Padre, voi avete il torto, e dovete vergognarvene . Il voflro dìletìfimo Figlio è morto , e voi dormite come un ubbriaco . P. E. Ce- rne ! Egli è morto ? Ang . Da uomo d* onore . P. E. S1 io fapeva niente , che il Diavolo mi porti • (*)
I 3 Tali
(*) Siccome potrebbe crederti da tal* uno , ch'io vo- lefsi fìngere rapport 4ndo cofa cotanto (proposta a, così mi fembra opportuno l'addurre le parole originali. Ang. Vere Eternel, vota avez, tort » Et dovr'r€% avoir vergogne : Votre fi's bièn-atmè efl mort > Et vous dormex come un yvrogne » I\ E. Il efl morti Arg. D bomme de bien . P« £. Diable emporte qui en fcavait rìenf
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Tali furono in fomma quafi tutte le rappre» Tentazioni , delle quali la ftoria ne fomminiftra me- moria in Europa , ripiene , cioè , di bizzarre allu- fioni , d' allegorie grofsolane , di fpettacoli fconci , che meritarono replicate volte le cenfure della Chiefa, e nominatamente del Papa Innocenzo III. che le. proibì . Ma rioullularono effe di nuovo col medefimo carattere di ftravaganza e d' affurdità anche ne' più colti fecoli , e in quelle nazioni al- tresì, che fi diftinguevano nelle utili cognizioni, ed ottimo gufto. Un efeftìp'io ci fornifce V Italia, nella quale in mezzo alle luce del cinquecento fu iftituita in Roma la Compagnia detta del Gonfalone col folo fine di rappréfentarvi annualmente i Mifterj della Paffione. In Ifpagna, dove le antiche ufan- ze durano più lungo, tempo che per tutto altro- ve, fi conferve) fino a' noftri giorni il coftume di efeguire fiffatte rapprefentazioni benché trasferite dalla Chiefa in Teatro col titolo di Auto* Sacra- mentala, ed abbellite coi più vaghi colori della poefia , e di fuperbe decorazioni. Il fecondiffimo , e preffochè fubitaneo ingegno del Vega ne com- pofe fino a quattrocento . Sei tomi ne fcriffe anche il Ca'deron poeta drammatico , cui P Europa non a~ vrebbe forfè avuto l'eguale fé !a regolarità corrifpon- deffe in lui alla invenzione , !a dilicatezza all'intrec- cio, la fenfatezza del gufto alla forza s e fecondità dei caratteri . Il progreffo dei lumi ha finalmente da qual- che tempo fatto andar in difufo fimili divertimenti .
Hitor^
Ritornando al noftro propofito , e raccoglien- do in breve quanto a noi s'appartiene, quattro furono i gradi , o l5 epoche dell' accrefcimento della m tifica l'aera, Il primo quel fempliciffimo , il quale altro non comprendeva fé non fé Me prime rezze melodie deg!' inni , e de' falmi . Il fecondo , in cui s' indentarono parecchie forta di canto , che durano fino al prefente , come farebbe a di- re , le antifone , gli introiti , le fequenze , ì refc ponfori , le prefazioni, e tai cofe . che s'altera- rono coli' andar del tempo confiderabilmente . Il terzo, ove s'inventò il contrappunto chiamato a mente nato fra il duodecimo fecolo , e il decimo- terzo , cioè , quando fopra le fiìlabe , e le antifo- ne principalmente di quelle , che appartengono a gì' introiti , i compofitori fi fermavano favellando con moltiplicità di confonanze fecondo le parti di ciafeuno con piacere bensì dell'orecchio, ma col- la rovina, e lo fterminio delle parole . Cotal abu- fo di confonanze , e di diiTonanze introdotte nella mufica ecclefiaflica fervi a infrafcarla a fegno , che Papa Giovanni XXII. fi vide aftretto a proi- birne la maggior parte , e a determinar il nume- ro , e la qualità di quelle , che potevano ufarfi , come fece con Bolla efprefla , che trovafi fra le Stravaganti. Il quarto , ove s' introduife il contrap- punto fugato , cioè , una ferie di fuoni più diffici- li , e più carichi di fughe, ed altri artifizj. Im- perocché appena cominciò a rilafciarfi la mode- I 4 ftia ,
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ftia , per così dire, dell' antica ratifica o per trop- pa indulgenza di coloro , che prefiedevano alle cofe facre , o per ifmodata licenza dei muficì 9 non vi fu argine o regola alcuna, ma mille nuo- ve Spezie s' introduifero di modulazioni , di echi , di repetizioni , e dì troncamenti di parole : pei quali mezzi la mufica ecclefiaftjca degenerò in iSconve- nevolezza e in licenza incredibile, accelerata maggiormente coir ufo d' applicar P armonia ad una lingua morta , il di cui lignificato non com- prendendoli dal volgo non poteva lafciar nell'a- nimo quelle traccie profonde d'affetto, che vi fi dovrebbono imprimere • E come (pQff'o accadeva f che neppur i maeftri di cappella intendeffero il la- tino, così non poche fiate Scambiavano il motivo adattando una mufica fciolta e vivace ad un Senti- mento grave e patetico, ovvero efprimendo con movimenti tardi parole , che indicavano celerità , e brio. L'ignoranza di quei tempi fece altresì, che i poeti deteinati a comporre i Motteti , o gli Inni li lavoralfero fenza la menoma idea di buon gufto , ond'è, che ricercavanfi da loro le parole più barbare , s' tifavano i metri più efotici mai non ricevuti rielP idioma latino , e fi riempivano di Sentimenti inettifìfrmi , o incompatibili fra di loro (*) • Da ciò ne risultava altresì che il popolo
da
(*•} Per efempio nel feguente Moneto uno de' l'rìi famofi tra quelli dell* antica l^^ cai Peccavi 9 Domine,
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da una banda , e i migliori fpiriti dall' altra dif- guftati dal mi fero ftrazio , che fi faceva della poe- fia , della mufica , e del buon fenfo , preferivano all' armonia defhnata al culto dell' Altiffimo le vo- luttuofe cantilene del fecolo , le quali a poco a poco ebbero in Chiefa la preferenza. Allora per- venuti al colmo gli abufi , fé ne avvidero i fupre- mi regolatori delle cofe facre del danno , che po- teva rifentirne la religione , contro cui neffun col- po fi può fcagliar più funefto di quello, che le viene indirizzato dalla corruzion del coftume . Pe- rò il Pontefice Marcello Secondo avrebbe fcaccia- ta vergognofamente dai templi la mufica , come cofa profana, fé il celebre Luigi Paleftrini tratte- nuta non avefle l' imminente pmfcrizione , compo- nendo la fua Mefla , ove fi vede adombrata la decen- za , e maeftà,che convienfi ad una mufica facra.
Se
mifereve mei: te dìlhit anima mea: te qua/Fuit cor meum „ Ergo mi Jtfa , mi Creator^ mi Salvator, demitte culpa** par- ce peccati* meìs ec. Egli è chiaro , che un bravo compo(i- tore fé ne dovrebbe trovar imbarazzato per adattarvi fopra un Motivo, che aveffe quella unita muficale fen- zì cui non produrrebbe il fuo effetto. Imperocché il primo incifo Peccavi , Domine^ miferere mei tutto fpirante compunzione e meftizia è d' indole affatto diverfa del te diligtt anima mea , nel quale fpicca un* a miro fa tenerez- za , come il te qu sfinir cor meum , eh' fprime uno slan- cio d'amore, non ha nitrite che fare col demitte culpa , che fi dovrebbe render in tuono d" umiliazione .
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Se non che P efempio di quefìo grande Ar- ircnifta non ha avuta alcuna influenza nelP Ita- lia, dove la mufìca ecclefìaftica con difcapito del- la religione , con ifcandalo degli efteri , e con ir- reparabile iattura del buon gufto dura fui medefi- mo piede cfopo due fecoli , non ottanti alcune rifpcttabiii eccezioni , che, per efler poche, non battano a ^erogare al coftume generale . Le infi- nuanti , e vivaci modulazioni declinate a preparar fui Teatro gli animi alle tenerezze di Cleonice , e d' AIce$e fono quelle , che difpongono in oggi i Fedeli tìelle publiche folennità ad affiftere al puì augufto di tutù I fagrifizj , e i maeflofi fentimtnti cantati un tempo full* arpa dì Davide feguitano a replicarli fra noi da quelle bocche avvilite , cui meglio affai converrebbe intuonar l'inno delia eb- brietà fra gli evirati facerdoti di Cibele.
CAPI-
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CAPITOLO QUARTO.
Origine delli mufìca profana, Stranieri venuti in Italia ad illujlrarla . Suo primo accoppia» mtnto colla pocfia volgare . Intermezzi nu'Jì* cali. Abbozzi dd melodramma «
A fé la mufica facra ebbe la fua origine , ed accrefcimento in Italia , non così avvenne della profana . La religione , e il defidcrio di ren- der vivibile inficine, e magnifico il culto divino, che baftarono a promuover quella , non erano fuf* fidenti a far nafcer quefta. Acciò fi coltivino in un paefe le arti, che parlano al fentimento , e al- la immaginazione , e che acquiftino quella dilica- tezza di gufto , che le rende filmabili , oltre l' in- fluenza del clima dolce, e fervido infieme, il qua- le, gli organi in certa guifa modificando, difpon- ga gli animi alla . vivacità , ed allegrezza , vuolfi ezandio un particolar affbrtimento di caufe politi- che , vuolfi un ozio agiato ne' cittadini , e magni- ficenza ne' Principi , voglionfi coftumi , che inchi- nino alla morbidezza , in una parola vuolfi piace- re , tranquillità , ed abbondanza . Quefle ultime circofhnze mancarono per lungo tempo air Italia ora inondata da diverfe piene di barbari , ora da contratti fra il Sacerdozio e l'Imparo frequente- mente fconvolta , ora lacerata da potenti , e rab-
biofe
i4o biofe fazioni tra Guelfi , e Ghibellini, o**a difunìta , e fra le fue membra difciolta per la gelosìa di pic- coli Principati , che la dividevano, ora da' locali , e fifici fconvoìgimenti , che la convertirono qual- che volta in palude , e in deferto miferamente sfor- mata . Occupati non per tanto gì' Italiani nel prov- vedere agli /concerti cagionati dalla guerra , dalla politica, e dalla natura ncn penfavano a coltivar le arti più gentili , e molto meno la mulìca .
Toccò in forte agli Stranieri il dar la prima molta del gufto a codefta nazione , che dovea fu- perarli nell' avvenire , e nelle cofe muficaii cos\ gloriofamente diftinguerfi. Qnefti ftranieri furono i Provenzali popolo celebre nella ftoria pella pia- cevolezza del fuo temperamento fempre vivace , alla giocondità , e al rifo inchinevole , che abbonda di vini fpiritofi , e di donne galanti , e eh* educa- to fotto un Cielo per lo più fereno, e ridente, e in un paefe ameniffimo fembra fatto a bella polla dalla natura per non aver altro impiego che quel- lo di cantare, e ballare. Gli odierni abitatori di quelle contrade hanno tuttora lo fìeiTb pendìo verfo 1J ilarità , lo che ha dato luogo in Fran* eia ad vn proverbio , che corre comunemente : Che il Provenzale [degnato minaccia un fuo nimi- co con unsi camionetta , come V Italiano con una filettata. Le difpcfizioni locali congiunte alla pa- ce, che godevano quelle provincie fotto il lungo, e felice governo de' loro Sovrani, e alla galante- ria
i4t
ria , e il IuflTo di alcune Corti della Francia meridio- nale diedero origine a certe tribù, o compagnie d'uomini chiamati genericamente Mmflrels , i qua- li ienz' aver ibggiorno fiflo fen givano errando da cailello in cartello , da città in città , accompa- gnati dalle loro moglie, e dai loro figliuoli, a. imitazione degli antichi Rapfodi della Grecia , ò ( ciò , che fembra più verosìmile ) come una reliquia de* Runi , Rune* , o Rimers de' popoli fettentriona- li . Si diftinguevano effi con varj nomi fecondo i Varj mefìieri . Quelli, che poetavano all' improvifo fi chiamavano Troubadorés , o Trovatori , Canterres quelli , che cantavano i verfi comporti dai primi , e Givllares ovvero fìano Giocolieri coloro , che Tuo- navano un qualche finimento , o intertenevano ii popolo con varie buffonerie. L'impiego loro prin- cipale era lo fteiib , che Tempre hanno avuto i poeti, ovunque la poefìa non è il veicolo della morale , ne Io finimento della legislazione , ma. un paffete ai pò oziofo , che noi coni ice agli ono- ri , né alle ricchezze. Quello è di avvilir la d:gnità delle ninfe, adulando i potenti, degni talvolta d' effere incoronati dalle mani del Genio , ma per lo più fti aratori ingiufti del vero merito , e che avvezzi a non pregiare altro fuorché le diftinzioni della fortuna, riguardano l'inno di talento come un pappagallo , uua fcim'a , o qualche ftrano anima- le, cui fi dà volentieri da mangiare purché diverta- no il Padrone . Più comune dovea effere fioatto
coftu-
i4& coftume a que' tempi , ove ì gran Signori ignorali* ti per educazione , e orgogliofì per fiftema noa conoscevano altro merito al mondo fé non quello della nobilrà, ne altro meftiere fuorché la guer- ra.» Senza fpirito di Cedevolezza , fenza fpettaco- li , e fenza radunanze il folo tempo, eh' elfi de- Amavano al pubblico divertimento era quello del- le nozze 5 oppur delle gran fiere , che tratto a tratto s' aprivano nelle città pel mantenimento del commercio . Allora il prefentavano in truppa i Giullari a fine di folazzar i conviti con canti, fuoni , e balli , celebrando le gefta de* paladini, e le bellezze delle donne , sfidandoli fcambievol- mente a pubbliche tenzoni poetiche , e unificali , e vantandoli ciafeuno di fuperar il fuo rivale non meno nella gentilezza, e lealtà dell'amore, che nella prontezza dell'ingegno* Le donne, prelfo alle quali l' elogio fatto alla bellezza fu fempre l'omaggio più caro, e la più fpedìta via di gua- dagnarli il lor cuore : le donne, che riguardano la coftanza dell'uomo come il mezzo più ficuro di mantenere s ed accrefeere la loro influenza fui noftro fel'fo ; le donne finalmente , in cui la vanità è la pafllone per eccellenza fomentata dagli ufi politici per nafeonder agli occhi loro il fentimento della propria dipendenza ; non poteano far a meno di non compiacerli del volontario tributo , che pa- gavano ad eife i poeti . La gratitudine > virtù fa- cile a praticarli ■-, ove ci entra di mezzo l'inclina- zione
*45 rione , le iollecitava fpeffo alla corrifpondenza , onde nafcevano quelli amori fcambievoli, cagioa delie tante , e sì Arane avventure , che fi leggono nelle vite de' Trovatori. Se già effe non furono bizzarre fantafie prodotte dilla calda imnagina- zion de* poeti , la quale non .contenta d'